L'Italia dichiara guerra alla Turchia
«Poiché fu constatato essere perfettamente inutile ogni reclamo diplomatico, […] al Regio Governo non restava che provvedere altrimenti alla salvaguardia degli alti interessi dello Stato e alla difesa delle sue Colonie, contro le minacce persistenti e contro gli effettivi atti di ostilità da parte del Governo Ottomano. Una decisione in questo senso si è resa tanto più necessaria e urgente in quanto il Governo ottomano ha commesso, in tempi recentissimi, palesi violazioni ai diritti e alla stessa libertà dei cittadini italiani nell’Impero. […] il Regio Governo ha spedito ordine al Regio Ambasciatore a Costantinopoli di presentare la dichiarazione di guerra alla Turchia».
A occhio e croce i nostri “circoli competenti” hanno sbagliato la previsione: ci si attendeva al massimo il ritiro dell’Ambasciatore e invece il 21 agosto scoppia una nuova guerra.
Costantinopoli ha tirato troppo la corda, finendo per spezzarla. Le controversie italo-turche partono da lontano e si ramificano su più campi.
Noi accusiamo il Governo ottomano di aver violato il trattato di Losanna; di aver fomentato la ribellione e la jihad nelle nostre colonie; di aver inviato armi e uomini in aiuto delle milizie senussite; di aver sequestrato una nave italiana e di averla usata in azioni militari battente bandiera tricolore; e infine di impedire il rimpatrio dei nostri connazionali.
È un bell’elenco. In più ci sarebbe l’ultimatum accettato dalla Turchia il 5 agosto, ma mai rispettato. Roma non può permettersi di perdere la faccia. Ora restano solo un paio cose da capire: dove e come l’Italia intenda intervenire.
Nei Dardanelli i britannici tentano un’ultima, disperata offensiva: respinti con perdite, 5.000 uomini.
Sul teatro orientale la Germania è costretta a interrompere le operazioni navali nel Golfo di Riga: la flotta tedesca, danneggiata, si ritira nonostante la superiorità numerica; decisive le fortificazioni terrestri. L’idea di sbarcare truppe nella capitale lettone, bypassando il fianco nemico, è naufragata.
L’Impero zarista è però inquieto, il quadro generale lo affresca il Times: «La guerra russa non è fatta dalla dinastia, né dal Governo, ma dall’intera Nazione. Se la Nazione russa iniziasse a dubitare dell’efficienza Alleata, potrebbe perdersi d’animo e allora saremmo d’innanzi all’immediata probabilità di un disastro».
Già, a volte la guerra ce ne fa dimenticare, ma alla rivoluzione bolscevica mancano solo un paio d’anni.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- Il Governo italiano dichiara guerra all'Impero ottomano. Roma ha diretto alle rappresentanze all'estero una circolare in cui espone tutte le vertenze fra l'Italia e la Turchia.
- Il Governo inglese inserisce il cotone tra le merci di contrabbando.
Fronte orientale
- Interrotti gli attacchi navali tedeschi nel golfo di Riga: falliti i tentativi di sbarco, la flotta è costretta alla ritirata.
Fronte asiatico ed egiziano
- Gallipoli: fallisce il secondo attacco inglese ad Anafarta, nella baia di Suvla; la battaglia di Scimitar Hill rappresenta l’offensiva finale britannica nei Dardanelli. Vengono respinti con perdita di 5.000 uomini.
- Battaglia della Hill 60 (Gallipoli).
Parole d'epoca
Tagliato in due
di Azaria Tedeschi
Tenente, capitano, maggiore. Medaglia d'oro al valor militare
Cominciato il bombardamento ero alle trincee per costatare personalmente il danno; poi non andai nelle caverne ma mi fermai dietro il parapetto con un sergente maggiore ed un caporal maggiore. Ad un certo punto avvertii in lontananza l’avanzare lento e maestoso di un proiettile di grosso calibro, un 280 o un 305. Non feci soverchia attenzione e dopo qualche secondo mi accorsi che il proiettile mi era arrivato quasi addosso. Mi curvai dietro la trincea e contemporaneamente intesi il terreno sotto i miei piedi sussultare, e vidi la trincea, una trincea spessa più di tre metri e costruita in sassi e terra e alta un metro e ottanta sollevarsi in aria per circa dieci metri di lunghezza. Non so se istintivamente saltai a sinistra o vi fui proiettato dalla perturbazione dell’aria provocata dall’esplosione, certo è che potetti evitare di essere investito dal materiale rovesciato.
Il sergente e il caporale si trovarono sbattuti sul camminamento di una caverna sotterranea nella quale si ricoverano con qualche piccola contusione e nella quale saltai anche io appena, dileguatosi il fumo della esplosione, potetti orientarmi. Su quel tratto di trincea squarciata le granate intanto continuavano a fioccare, ma noi eravamo quasi al sicuro, malgrado tante volte la caverna sia stata riempita dal fumo delle esplosioni: un fumo acre e fortemente odorante di zolfo. Non sempre però le cose vanno così bene e tremendo è l’effetto delle granate quando colpiscono in pieno. Un sergente del genio da una granata venne nettamente tagliato in due: le gambe e le viscere vennero proiettate lontano, il tronco rimase sul posto e continuò per qualche secondo a lamentarsi: “Mamma mia muoio”. Un alpino da una granata fu lanciato in aria un dieci metri; ricadde a brandelli; un mio soldato ebbe asportato soltanto il piede destro….Ma basta con questa enumerazione macabra. Solo un piccolo episodio: un mio soldato ferito a morte, passandogli vicino il suo comandante di plotone lo chiama per dirgli: “Tenente, ti voglio baciare”. Morì dopo qualche ora e oggi fu seppellito.
Fonte: Espresso e Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano
DAL FRONTE
Sull'altipiano a nord ovest di Arsiero le nostre truppe, con attacchi di viva forza, si impadronirono di una importante ridotta austriaca sul costone a occidente di Monte Maggio.
Nell'alto Cordevole continuò ieri il duello delle artiglierie. La nostra distrusse e incendiò una tagliata che sbarrava la strada delle Dolomiti oltre Arabba. Quella nemica si accanì invece nella rabbiosa opera di rovina della borgata di Pieve di Livinallongo, non rispettando neanche l'ospedale civile, che rimase molto danneggiato.
Sensibili progressi furono ieri conseguiti nella conca di Plezzo, ove le nostre truppe, con energica offensiva, guadagnarono la fronte di PLazne Cezzoca. L'artiglieria nemica, non essendo riuscita ad arrestare lo slancio dei nostri, rivolse il proprio tiro contro quegli abitati, provocando nuovi danni e qualche incendio.
Nel settore di Montenero, una forte ed estesa trincea nemica, sulle falde settentrionali del costone di Vrsic, cadde, dopo aspra lotta, in poere dei nostri. Tutti i tentativi dell'avversario per riprenderla furono respinti. Ugual sorte subirono altri contrattacchi contro le nostre posizioni di Santa Lucia, ove furono da noi presi alcuni prigionieri, tra i quali un ufficiale.
Sul Carso prosegue la nostra metodica avanzata. Anche ieri vennero espugnate alcune trincee e catturata una mitragliatrice con munizioni.
All'alba del 20 una nostra squadriglia di aeroplani volava sul campo nemico di aviazione di Aisovizza, a oriente di Gorizia, e lo bombardava, per la durata di circa trenta minuti, con successo. Nonostante il fuoco di tre batterie antiaeree, i nostri velivoli rientrarono nelle linee perfettamente incolumi. Sulla via del ritorno, avvistato un "drachen" nemico, lo sottoponeva al fuoco delle proprie mitragliatrici, obbligandolo ad abbassarsi.
Mentre l'ardita e veloce nostra incursione aerea era stata diretta contro un obbiettivo militare, in perfetta osservazione delle leggi e usi di guerra, per iniqua rappresaglia, una squadriglia di aeroplani nemici volava sulla città di Udine e lanciava su di essa 14 bombe. Il risultato di tale impresa fu l'uccisione di 5 cittadini, tra i quali una donna e una bambina, e di 3 carabinieri. Furono anche apportati alcuni danni a case di privata proprietà.
Firmato: CADORNA
DICHIARAZIONE DI GUERRA ALLA TURCHIA
IL Ministro degli esteri Sidney Sonnino agli Ambasciatori italiani
IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SONNINO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, IMPERIALI, A MADRID, BONIN LONGARE, A PARIGI, TITTONI, A PIETROGRADO, CARLOTTI, A WASHINGTON, MACCHI DI CELLERE, E AI MINISTRI AD ATENE, DE BOSDARI, A NISCH, SQUITTI, A BERNA, PAULUCCI DE' CALBOLI, A BUCAREST, FASCIOTTI, A CETTIGNE, NEGROTTO CAMBIASO, A COPENAGHEN, SACERDOTI, A CRISTIANIA, MONTAGNA, A SOFIA, CUCCHI BOASSO, A STOCCOLMA, TOMMASINI, E PRESSO IL GOVERNO BELGA A LE HAVRE, CARIGNANI T. GAB.
Roma, 20 agosto 1915, ore 13.
Sin dal primo momento della firma del Trattato di pace di Losanna (18 ottobre 1912) il Governo ottomano ebbe a violare il Trattato stesso. Tali violazioni hanno continuato senza tregue sino ad ora. Il Governo Imperiale non adottò mai seriamente misura alcuna perchè si addivenisse in Libia alla cessazione immediata delle ostilità secondo gliane facevano obbligo i suoi patti; nulla fece il Governo stesso per la liberazione dei prigionieri di guerra italiani.
I militari ottomani rimasti in Tripolitania ed in Cirenaica furono mantenuti sotto il Comando degli stessi ufficiali, continuando ad usare la bandiera ottomana, conservando i loro fucili ed i loro cannoni. Enver bey diresse in Libia le ostilità contro l'esercito italiano sino alla fine del novembre 1912; Aziz bey lasciò quella regione con 800 soldati di truppe regolari soltanto nel giugno 1913; il trattamento che l'uno e l'altro ricevettero, rientrando in Turchia, prova all'evidenza che i loro atti ebbero il pieno assenso delle Autorità imperiali. Dopo la partenza di Aziz bey continuarono ad arrivare in Cirenaica ufficiali dell'esercito turco; ve ne sono ora oltre un centinaio dei quali il R. Governo conosce i nomi. Nell'aprile di quest'anno, 35 giovani bengasini che Enver Pascià aveva condotto, nel dicembre del 1912, contro il loro volere, a Costantinopoli, dove furono ammessi a quella Scuola militare, furono rinviati in Cirenaica a nostra insaputa. Nonostante contrarie dichiarazioni risulta con certezza che la guerra Santa nel 1914 venne proclamata anche contro gli italiani in Africa. Una missione di ufficiali e di soldati turchi incaricata di portar doni ai Capi senussiti in rivolta contro le Autorità italiane in Libia venne recentemente catturata da forze navali francesi. Le relazioni di pace ed amicizia che il R. Governo aveva creduto poter stabilire dopo il Trattato di Losanna con il Governo turco, non esistono, per colpa di quest'ultimo, tra i due Paesi. Così poichè fu constatato essere perfettamente inutile ogni reclamo diplomatico contro le violazioni del Trattato, al R. Governo non restava che provvedere altrimenti alla salvaguardia degli alti interessi dello Stato ed alla difesa delle sue Colonie contro le minaccie persistenti e contro gli effettivi atti di ostilità da parte del Governo ottomano. Una decisione in questo senso si è resa tanto più necessaria ed urgente in quanto il Governo ottomano ha commesso in tempi recentissimi patenti violazioni ai diritti agli interessi ed alla stessa libertà dei cittadini italiani nell'Impero, senza che abbiano valso i richiami più e:1ergici presentati a tale proposito dal R. Ambasciatore a Costantinopoli. Di fronte alle tergiversazioni del Governo ottomano per quanto riguardava in ispecie la libera uscita dei cittadini italiani dall'Asia Minore, questi richiami dovettero assumere negli ultimi giorni la forma di ultimatum.
Il 3 agog,to, il R. Ambasciatore a Costantinopoli, per ordine del Governo di Sua Maestà, di resse al Gran Visir una nota contenente 1e quattro domande seguenti:
l) che gli italiani potessero liberamente partire da Beirut;
2) che gli italiani di Smirne, essendo impraticabile il porto di Vurla, fossero lasciati partire per la via di Sigacig;
3) che il Governo ottomano lasciasse imbarcare liberamente gli italiani da Mersina Alessandretta Caiffa e Giaffa;
4) che le autorità locali dell'interno desistessero dall'opposizione alla partenza dei RR. sudditi che si dirigono al litorale e procurassero invece di facilitare loro il viaggio.
Il 5 agosto, innanzi che scadesse il termine di 48 ore poste dal nostro ultimatum, il Governo ottomano, con nota a firma del Gran Visir, accoglieva punto per punto le nostre domande. In seguito a tale solenne dichiarazione il R. Governo provvide a spedire due navi a Rodi con istruzioni di attendervi ordini per andare ad imbarcare i cittadini italiani che da tempo erano rimasti in attesa di rimpatrio nei predetti porti dell'Asia Minore. Ora, da notizie pervenute dalle autorità consolari americane cui è stata affidata in varie residenze la tutela degli i·nteressi itaHani, è ·risultato invece che a Beirut l'autorità militare revocò il 9 corrente il permesso di partenza accordato poco innanzi. Eguale revoca avvenne a Mersina. Venne dichiarato altresì che le Autorità militari avrebbero fatto impedimento all'imbarco degli altri nostri connazionali nella Siria.
Di fronte a queste infrazioni patenti alle promesse categoriche fatte dal Governo ottomano in seguito al nostro ultimatum, il R. Governo ha spedito ordine al R. Ambasciatore a Costantinopoli di presentare dichiarazione di guerra alla Turchia. Essa dovrebbe essere presentata oggi a mezzogiorno.
Appena io le mando ulteriori istruzioni o appena Ella sappia positivamente per notizie giunte costà che la dichiarazione di guerra abbia avuto effettivamente luogo prego V. E. comunicare quanto precede a codesto Governo. Questa alternativa è necessaria dato il disservizio telegrafico esistente da mesi tra Italia e Turchia per colpa del Governo ottomano. Fino a che una delle due eventualità suddette non si verifichi prego considerare questo telegramma come strettamente riservato alla sua persona.