Gli Alleati sbarcano a Salonicco
Come Beautiful, una “soap opera”. La politica greca è “House of Cards” cent’anni prima; solo che quella è una fiction, una serie TV, mentre ad Atene si decidono le sorti del paese, quello vero. E siamo nel bel mezzo di una guerra mondiale.
In Grecia l’ultima parola spetta a Re Costantino. E l’ultima parola di Re Costantino è: “Ma neanche per idea. Non se ne parla nemmeno”.
Il messaggio inviato dal monarca a Venizelos è cristallino, brutale nella sua semplicità ed eloquenza: «Non posso approvare la vostra politica fino all’ultimo, fino alle estreme conseguenze».
I contrasti sono ancora una volta insanabili, i punti di vista inconciliabili; Venizelos e il Governo prendono atto della situazione e si dimettono. Di nuovo.
E allora c’è un problema. Sì, perché il 5 ottobre gli Alleati sono sbarcati a Salonicco, forti del virtuale consenso greco. Ora ci sono truppe straniere su suolo neutrale e contro il parere del Sovrano: non è molto diverso da quanto fatto in Belgio, o in Lussemburgo, dai tedeschi.
Adesso bisogna capire cosa farne di quelle truppe.
Ma lo sbarco anglo-francese a Salonicco significa anche un’altra cosa: per Parigi e Londra è un’implicita e malcelata ammissione di fallimento nei Dardanelli; il contingente arriva tutto da Gallipoli, indebolendo un fronte bloccato da mesi.
A Sofia hanno lasciato scadere l’ultimatum: la Bulgaria lo rigetta e dichiara «di avere il diritto di perseguire i propri ideali nazionali». I Governi dell’Intesa rompono le relazioni diplomatiche con Sofia e richiamano gli Ambasciatori.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- La Bulgaria risponde alle proposte dell’Intesa di avere il diritto di realizzare i suoi ideali nazionali e chiede alla Grecia la cessione incondizionata della zona contestata della Macedonia. Respinto recisamente l’ultimatum.
- La Bulgaria si muove agli ordini della Germania.
- Re Costantino dichiara a Venizelos di non poter approvare la sua politica nei riguardi della Bulgaria. Il Premier e il Governo rassegnano le dimissioni.
- La Russia interrompe le relazioni diplomatiche con la Bulgaria. Gli Ambasciatori dell’Intesa a Sofia richiedono i passaporti.
- L’ambasciatore tedesco a Washington dichiara che il suo Governo sconfessa gli affondatori dell'Arabic ed è pronto a pagare un'indennità.
- L'Ambasciatore asburgico Dumba salpa dagli Stati Uniti.
- Lord Derby nominato direttore del Reclutamento.
- Machado Guimaraes succede a Braga come Presidente portoghese.
Fronte occidentale
- I britannici attaccano a nord di Loos mentre i francesi attaccano in Champagne; entrambi gli attacchi hanno esito incerto.
Fronte orientale
- Attivo il fronte settentrionale, specialmente vicino Smorgon.
Fronte italiano
- Gli italiani avanzano verso Rovereto.
- Gli attacchi italiani, iniziati il 3 sull'altopiano di Tonezza, devono essere sospesi; risultati modesti.
Fronte meridionale
- Distaccamenti anglo-francesi sbarcano a Salonicco: il Parlamento greco protesta contro questa violazione della sua neutralità.
- Concentramento di forze austro-tedesche nel Banato (Timişoara) per assalire la Serbia mentre è attaccata dai bulgari.
- Pressati dai tedeschi per aprire collegamenti ferroviari militari verso Costantinopoli e il Medio Oriente, gli austro-ungarici intensificano la loro campagna contro i serbi.
Parole d'epoca
Mauthausen
di Giuseppe Garzoni, Bersagliere
Mauthausen, Austria
Giuseppe Garzoni è prigioniero degli austriaci. Prima viene portato a Klagenfurt poi in campo di concentramento. A Mauthausen
Il giorno 30 settembre partii per Mautausen in dove che dovetti stare 3 giorni in viaggio senza pane e senza mangiare. Il giorno 2 ottobre di mattina ci danno un bicchiere di caffè e la fame che si cadeva a terra svaniti. Arrivati a Seestal lì ci diedero di rancio una gavetta di rancio discreto ma era pochissimo che non servì altro che rinviare la fame. Anche di lì si parte subito. Sono le II ore che si parte alla volta di Mautausen. Alla stazione si arriva verso le 3 di mattina. Lì ci fanno fare il bagno e la disinfezione con una fame che non si poteva reggersi in piedi.
Lì troviamo diversi compagni italiani e serbi che andavano vendendo della cicolata e io spesi I lira della fame ci avevo. Ero costretto benché avevo pochi soldi. Dopo il bagno ci hanno fatto fare le punture e una vaccinazione. Poi ci portarono per 15 giorni in una baracca nuova e ci diedero due coperte. Ma lì si dovette dormire per terra in attesa di qualche malattia collerica. Il giorno 5 ottobre di nuovo al bagno e disinfezione e ci danno biancheria pulita e poi di nuovo un'altra puntura tifea. Poi andiamo al Reggimento composto da 3000 uomini di tutti i coppi come cadono prigionieri. Il rancio che ci davano era composto la mattina il te con radici e erba. Impossibile berlo. A mezzogiorno tre cucchiai non più di acqua e fave o farina di granoturco. Due volte la settimana la carne nel brodo impossibile a trovarla nella gavetta. Tre volte la settimana una ringa e due volte il baccalà. E poi la sera un brodino con dentro la farina di castagnacce selvatiche. Il pane era metà di granoturco e metà di castagnaccio e poco 2 grammi. Immaginiamoci se qui non si deve morire per forza. Con di più si vede un camposanto dei Serbi che si trovavano già morti ben 7 mila. La mattina ti tocca alzarti per forza e lì si passava tutti in rango destinati alla pulizia, a trasportare del carbone e se non si andava erano legnate sacrosante. Lì tutti i giorni arrivavano prigionieri. Come é arrivato in un colpo 4 di Buia e ci chiedevano come si la passa e noialtri si era costretti a dire: Male. Si muore come i Serbi. Facciamo la loro fine. Il giorno 15 novembre siamo mandati al gruppo destinato per i lavori e lì si sperava di mangiare si più. Ma era lo stesso e lavorare tutti i giorni di piova o di neve. Ci toccava andare. Si cadeva per terra della fame e i lavori che si faceva chi di falegname, di sarti, di calzolai, di muratori, fabbri e tutti gli altri manovali a portare le assi della stazione delle baracche stavano costruendo e altri materiali i quali servivano.
Tante volte succedeva di andare a scaricar patate e farine o latri generi e lì si poteva mangiare qualche cosa per sfamarsi come patate crude, come farina in caso che qualche sacco fosse rotto o carote per non morire di fame.
Un giorno mi tocca di andare a prendere delle tavole alla stazione e vedo che dismonta del treno dei prigionieri italiani e ne vedo a strappostare sui carri i nostri feriti prigionieri che m'han fatto una impressione straordinaria come il giorno 17 settembre e pensavo tra me: Come potranno vivere a guarire con quelle medicine che hanno e pensai che i sfortunati ce n'è di peggio di me ancora. Un giorno andavo a casa cioè in baracca a mezzogiorno che nevicava vedo una 40 di compagni che sotto il comando di un sergente austriaco e di 4 sentinelle come siamo sempre accompagnati che li facevano andar di corsa in giro a una baracca e dimando a un mio compagno cosa fanno. Lui mi risponde che li hanno visti i austriaci a mangiare delle patate crude e ne avevano messe anche in tasca e così li fanno correre tutto il giorno senza mangiare nella neve. Poverini cosa li tocca e cadevano per terra dei svanimenti e così tutto il giorno li lasciarono senza mangiare. La sera viene un ufficiale alle sei ore e li manda a dormire dicendo impareranno per un'altra volta.
Si ringrazia il Gruppo L'Espresso e l'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano
DAL FRONTE
Nella zona del Tonale la sera del giorno 3 un nostro reparto da montagna, scalata la ripida vetta del Torrione, (testata di Valle di Strino), ne cacciava alcuni nuclei nemici che vi si erano annidati, distruggeva le difese di cui essi avevano iniziata la costruzione, indi, sottraendosi al violento fuoco delle artiglierie avversarie, rientrava nelle proprie linee.
Le nostre batterie continuano il tiro d' interdizione sugli accessi al Torrione, impedendo così all' avversario di rioccuparlo.
In valle di Fella la notte sul 4 il nemico tentò un attacco contro le nostre posizioni sul torrente Pontebba: fu respinto.
Sul Carso consuete azioni di artiglieria.
Viene segnalato un movimento di treni sulla linea di Trieste, fra la stazione di Nabresina e quella di S. Giovanni.
Firmato: CADORNA