12 Ottobre, 1915

Caricare, Puntare, Fuoco! Ed è martirio

Pochi passi all’aria aperta, nell’oscurità, in un’alba belga di metà ottobre al poligono di Schaerbeek; dubito fosse la più immaginifica delle atmosfere. Passi pesanti o leggeri non saprei, ma sono sicuramente gli ultimi. Il plotone d’esecuzione prende la mira, l’ufficiale dà l’ordine: fuoco. E basta, resta solo il buio: freddo, opprimente, insensibile, disilluso, cupo.
Edith Cavell, 49 anni, infermiera inglese, viene giustiziata dai tedeschi la mattina del 12 ottobre 1915. Sembra che le sue ultime parole siano state quelle incise sul memoriale londinese: «Il patriottismo non è sufficiente. Non devo serbare odio, né rancore, verso nessuno».
Hanno fallito tutti: in primis l’umanità, intesa come qualità morale, la giustizia e il buonsenso.
Poi hanno fallito le diplomazie: americani e spagnoli hanno provato fino all’ultimo a far commutare la pena, ma l’interessamento di due Ambasciate non è bastato a ottenere neanche un rinvio dell’esecuzione.

 E ha fallito soprattutto la Germania, sempre più la “grande cattiva”, colpevole dell’ennesimo autogol: Edith Cavell diventerà una “martire”, un’icona della propaganda anti-tedesca; come il Lusitania, come troppi altri esempi.

Sul fronte meridionale i serbi si battono come leoni: gli austro-tedeschi faticano forse più del previsto e i bulgari, in assenza di una formale dichiarazione di guerra, restano timidi a Zaječar e a Knjaževac.
Niš ha però ricevuto l’ufficiale due di picche dalla Grecia: per Atene il “casus foederis” non sussiste, la richiesta d’aiuto serba viene rigettata. Per ora il trattato del 1912 non salverà nessuno.

Davide Sartori

GLI AVVENIMENTI

Politica e società

  • Il Governo greco rifiuta l'aiuto alla Serbia, dichiarando che non si verifica il casus foederis per attivare il trattato di alleanza.
  • L’infermiera inglese Edith Cavell viene fucilata a Bruxelles, per ordine della corte marziale tedesca, per aver aiutato un prigioniero di guerra a scappare dal Belgio all’Olanda. Diventa una martire, un'eroina inglese.

Fronte orientale

  • Continuano i combattimenti nella regione di Dvinsk.

Fronte meridionale

  • I bulgari vengono spinti dai serbi a sud di Zaječar (confine bulgaro-serbo) e a Knjaževac.
  • Si combatte anche sulla Drina e sul Sava. I tedeschi, che hanno occupato Semendria (Smederevo) e avanzano sulla destra del Danubio, vengono bloccati dai serbi.

Fronte asiatico ed egiziano

  • I russi respingono i turchi a Van Pass e ad Arkhava (costa).
  • Prosegue il genocidio armeno.

Miss Edith Cavell

Gente semplice quella del Norfolk, una contea rurale, storicamente agricola. Swardeston è un villaggio: quattro gatti di abitanti e una chiesetta: la St. Mary's church. Nella seconda metà dell’800 il vicario è Frederick Cavell, padre di quattro figli, tra cui Edith.
Edith Cavell è una ragazza speciale; la famiglia è povera, lei ha studiato a casa e a fine secolo lavora come governante a Bruxelles, dove impara il francese. Ma qualcosa le manca e rubo la citazione dal The Economist: “Un giorno, in qualche modo, farò qualcosa di utile, qualcosa per la gente. Molte persone sono così indifese, così colpite e così infelici.”
Torna in Inghilterra e diventa infermiera. Siccome è brava, molto brava, nel 1907 Edith viene chiamata dal Belgio: le viene offerto di dirigere la nuovissima “École Belge d'Infirmières Diplômées”, una scuola professionale per infermiere. Tenete presente l’anno: è il 1907 e l’idea che una donna potesse guadagnarsi da vivere lavorando non è certo la più in voga. La “professionalità” non esisteva, erano soprattutto le suore a fare le infermiere: chi aveva studiato, le figlie delle “famiglie buone”, restavano nei salotti; temevano che il lavoro influisse sul proprio status sociale.

 Edith Cavell è senza dubbio una pioniera dell’infermieristica moderna, più o meno quanto Florence Nightingale. In breve tempo mette in piedi la rivista “L'infirmière” e diventa il punto di riferimento per la formazione professionale di ospedali e scuole. L’ho già detto che era brava? Sì, bene.
Allo scoppio della Grande Guerra è fortunata, lei è in patria, dalla sua famiglia, lontana dal fronte. E secondo voi può rimanersene a casa? “Non riesco a smettere mentre ci sono vite da salvare”. Frase citata nel 1941 da Helen Judson in “The American Journal of Nursing”.
La Cavell torna in Belgio, dove per un anno cura chiunque le capiti per le mani: francesi, tedeschi, inglesi, belgi, non fa differenza. Ma il problema è un altro: con il passare dei mesi aiuta circa 200 soldati Alleati a fuggire dal paese. La Germania scopre il giochetto e il 3 agosto 1915 l’arresta. Qui la parola chiave diventa “rapidità”. Quando si arriva in tribunale, alla corte marziale, la pena è decisa, il verdetto è scontato, il processo è sommario. Aver salvato, l’essersi presa cura anche dei tanti feriti tedeschi non conta. Le viene di fatto negato il diritto di difendersi. Lei ha confessato, durante la prigionia e l’isolamento, ma i tedeschi vogliono andare sul sicuro, vogliono farne un esempio. L’Ambasciata americana si offre di rappresentarla, di difenderla, ma no, verrà nominato un avvocato d’ufficio, ovviamente scelto dall’autorità tedesca. Il 10 ottobre il tribunale militare di Bruxelles condanna a morte Edith Cavell. L’affrettata sentenza non può stupire nessuno.
Siamo alla fine della storia. Pochi passi all’aria aperta, nell’oscurità, in un’alba belga di metà ottobre al poligono di Schaerbeek; dubito fosse la più immaginifica delle atmosfere. Passi pesanti o leggeri non saprei, ma sono sicuramente gli ultimi. Il plotone d’esecuzione prende la mira, l’ufficiale dà l’ordine: fuoco. E basta, resta solo il buio: freddo, opprimente, insensibile, disilluso, cupo. Edith Cavel, 49 anni, viene giustiziata dai tedeschi la mattina del 12 ottobre 1915. Sembra che le sue ultime parole siano state quelle incise sul memoriale londinese: “iI patriottismo non è sufficiente. Non devo serbare odio, né rancore, verso nessuno”.
Hanno fallito tutti: in primis l’umanità, intesa come qualità morale, la giustizia e il buonsenso. Poi hanno fallito le diplomazie: americani e spagnoli hanno provato fino all’ultimo a far commutare la pena, ma l’interessamento di due ambasciate non è bastato a ottenere neanche un rinvio dell’esecuzione. E ha fallito soprattutto la Germania, sempre più la “grande cattiva”, colpevole dell’ennesimo autogol: Edith Cavell diventa una “martire”, un’icona della propaganda anti-tedesca; come il Lusitania, come troppi altri esempi.

Davide Sartori

DAL FRONTE

Attacchi e contrattacchi che si succedono con frequenza nella zona degli altopiani alla testata dell' Astico e dei suoi affluenti.
Un' avanzata nemica in direzione di Malga Secondo Posto, al nord di Monte Coston, fu respinta all' alba del giorno 11.
Nell' Alta Val d'Assa le nostre truppe fecero ancora qualche progresso.
Lungo la rimanente fronte e specialmente in Carnia consueto tiro scarsamente efficace per parte delle artiglierie avversarie.
Sul Carso, nella sera dell' 11, dopo intensa preparazione con fuoco di artiglieria, il nemico pronunciò un largo attacco contro le nostre posizioni ad est di Vermegliano e sul Monte Sei Busi.
Fu prontamente arrestato e ricacciato con gravi perdite.

 

Firmato: CADORNA

Come in una macchina del tempo, ogni giorno una nuova pagina del diario.
Le testimonianze, le immagini, i filmati negli archivi e nei giornali dell'epoca.

Sono nato a Roma nel dicembre del 1984, mi sono diplomato al liceo scientifico J.F. Kennedy e ho frequentato la facoltà di Scienze della Comunicazione all’università la Sapienza, ma non mi sono laureato.

I miei interessi? Un po’ di tutto, come molti trentaduenni. Lo sport, la politica, la Storia del ‘900. Niente di eccezionale.


Dal dicembre 2003 al marzo 2005, ho scritto per un giornale locale (Il Corriere Laziale), quindi ho fatto uno stage con una piccola televisione satellitare (Nessuno TV).
Nel 2011 la Graphofeel edizioni ha pubblicato il mio libro “Mens insana in corpore insano”, il racconto di una vacanza on the road da Roma a Capo nord.
Dall’agosto 2013 al gennaio 2014 ho ricominciato a scrivere di calcio quotidianamente, con articoli e pronostici sportivi sul sito http://www.scommessepro.com/
Da giugno 2014 racconto la Grande Guerra, giorno per giorno.

Davide Sartori