Sonnino aggiorna la Camera
Il primo dicembre l’Italia pende dalle labbra del suo Ministro degli esteri, Sidney Sonnino: è lui il protagonista alla riapertura della Camera. Comincia l’intervento ricordando le motivazioni e gli scopi dell’entrata nel conflitto. Non si concentra tanto sulla guerra, quanto sugli sviluppi diplomatici degli ultimi mesi. Inevitabile una battuta sul fallimento Alleato nei Balcani: «Se la politica della Quadruplice Intesa era diretta all’unione degli Stati Balcanici, quella degli Imperi centrali fomentava il dissenso e la rivalità e in ciò trovava, purtroppo, un terreno più favorevole su cui lavorare. […] L’opera della diplomazia, del resto, ben poco poteva fare di fronte allo stato psicologico prodottosi nell’opinione pubblica e presso quei Governi in seguito agli eventi militari».
L’annuncio più eclatante riguarda l’adesione italiana al Patto di Londra, a sottolineare l’assoluta compattezza e unità d’intenti con gli Alleati: «Quest’opera concorde, proseguita nella guerra, come nei negoziati, ci ha persuasi della necessità di dare una pubblica e solenne attestazione della solidarietà esistente
fra gli Alleati, mediante una dichiarazione comune delle cinque Potenze, rinnovante quella intervenuta tra Francia, Inghilterra e Russia il 5 settembre 1914. L’atto formale della nostra adesione è già stato firmato a Londra».
Un altro punto cruciale è l’analisi della situazione balcanica: «L’attitudine della Grecia ha dato luogo a preoccupazioni e controversie, ma la situazione si è fortunatamente chiarita ben presto mediante uno scambio di note. […] L’indipendenza serba risponde a una necessità vitale dell’Italia. […] L’Italia non può rimanere insensibile all’angoscioso appello che giunge attraverso l’Adriatico. Faremo quanto da noi dipende per portare soccorso all’esercito di Re Pietro, assicurandone l’approvvigionamento e facilitandone la concentrazione, nell’attesa che giunga il momento della riscossa».
Ancora una volta non si parla di azioni militari.
«Chiudo il mio discorso proclamando, ancora una volta, che l’Italia è fermamente risoluta a condurre innanzi la guerra, con tutte le sue forze e a costo di qualunque maggior sacrificio, fino al raggiungimento delle sacrosante sue aspirazioni nazionali, così come di quelle condizioni generali di indipendenza, di sicurezza e di mutuo rispetto dei popoli, sola base di una pace durevole e che rappresentano la stessa ragion d’essere del patto che stringe insieme noi e i nostri Alleati».
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- Alla riapertura della Camera italiana, fra grandi dimostrazioni patriottiche, Sonnino comunica l'adesione dell'Italia al Patto di Londra e dichiara che l’Italia farà tutto quanto le è possibile per portare aiuto all'esercito serbo.
- Lord Lansdowne interviene sulla Dichiarazione di Londra.
- Si forma l’associazione “Transito” che spedirà beni, attraverso la Svezia, verso la Russia.
- Controllo navale tedesco sulle imbarcazioni svedesi.
Fronte italiano
- Le truppe italiane avanzano presso San Martino sul Carso.
Fronte meridionale
- Prizren (Kosovo) conquistata dalle truppe bulgare.
Parole d'epoca
Piedi congelati
di Carmine Venneri, Sergente
Monte San Michele (GO)
1° dicembre mi gelò il piede sinistro perche fermi entro l’acqua in prima linea, il g. 21 idem il g. 3 ebbi servizio, il g. 4 poi mi reportarono in barella alla visita, con il piede destro pure gelato e questa volta fui reconosciuto e fui mandato in barella alla posto medicazione smistamento a S. Grado (Isonzo)
Si ringrazia il Gruppo L'Espresso e l'Archivio diaristico nazionale di Pievese Santo Stefano
DAL FRONTE
Nella giornata di ieri sosta delle fanterie per il rafforzamento delle posizioni raggiunte; intensa azione delle artiglierie diretta a sgretolare le nuove linee di resistenza nemica.
I consueti tiri dell' avversario contro gli abitati provocarono l' incendio dell' ospedale civile di Monfalcone, rapidamente domato.
Velivoli nemici lanciarono qualche bomba sulle borgate di Paularo e di Misicinis in Carnia; nessun danno.
In piccoli scontri furono presi al nemico una trentina di prigionieri ed una mitragliatrice.
Firmato: CADORNA
Intervento alla Camera del Ministro degli Esteri, on. Sidney Sonnino
Il 23 maggio il Governo, confortato dai voti del Parlamento e dalle solenni manifestazioni del Paese, dichiarò, in nome di S. M. il Re, la guerra all'Austria-Ungheria. Le ragioni che determinarono questo passo risultano chiare dal Libro Verde presentate al Parlamento pochi giorni prima, dagli altri documenti successivamente pubblicati e dai discorsi pronunciati durante questi mesi dal Presidente del Consiglio e da alcuni miei colleghi. Per effetto della situazione creata tanto dalla violazione dei patti essenziali della Triplice Alleanza per parte dell'Austria-Ungheria con la premeditata aggressione contro la Serbia, come dalla non riuscita delle trattative che tentammo con lei dal dicembre al maggio, mossi dal vivo desiderio di evitare al Paese le calamità di una guerra, apparve urgente ed imperiosa la necessità di provvedere con le armi alla difesa dei nostri più vitali interessi di sicurezza e di indipendenza, oltre che al raggiungimento delle fondamentali nostre aspirazioni nazionali. Dichiarata la nostra guerra contro l'Austria-Ungheria, la Germania ci notificò che si considerava con l'Italia in stato di rottura di relazioni. Il 20 agosto abbiamo dichiarato la guerra alla Turchia.
Sono note le violazioni del Trattato di Losanna commesse da quel Governo, iniziate anzi fin dall'indomani della firma del trattato stesso Le ostilità fomentato e dirette dalla Turchia contro di noi in Libia, il continuato invio di ufficiali e di armi nella nostra colonia, la mancata restituzione dei prigionieri e per gli inammissibili intralci alla partenza di funzionari consolari, le sopraffazioni contro cittadini italiani che chiedevano di tornare in Patria pazientemente condotte sino al limite imposto dalla nostra dignità sono tutte circostanze ormai conosciute, le quali, insieme al desiderio nostro di procedere in perfetta comunione d' intenti con gli Alleati nella penisola balcanica e in Oriente, ci condussero alla dichiarazione di guerra contro l'Impero Ottomano. L'Italia ha proseguito nei Balcani la tradizionale sua politica, continuata ormai durante parecchi lustri, ispirata al principio di nazionalità ed all'indipendenza dei popoli balcanici; la nostra azione fu a questo fine intensamente diretta di pieno accordo con gli Alleati. E difatti la pacifica attribuzione alla Bulgaria, con larghi compensi da assicurarsi alla Serbia, della Macedonia, che le era stata assegnata dal trattato fra gli Stati balcanici del 1912 costituiva la base dell'accordo politico tentato dalla Quadruplice Intesa.
Ma, se la politica della Quadruplice era diretta all'unione degli Stati balcanici, quella degli Imperi centrali fomentava per contro il dissenso e la rivalità, ed in ciò purtroppo trovava più favorevole il terreno su cui lavorare. Lo strascico di odio e di vendette lasciato dalla seconda guerra balcanica forniva naturalmente ai nostri nemici efficaci strumenti di azione, di cui, per il fine propostosi, non poteva disporre la Quadruplice. L'opera della diplomazia, del resto, ben poco poteva fare di fronte allo stato psicologico prodottosi nell'opinione pubblica e presso quei Governi in seguito agli eventi militari. La loro mentalità rimase impressionata dagli avvenimenti singoli, trascurando il complessivo apprezzamento della situazione da cui doveva scaturire la sicura fiducia nella vittoria finale degli alleati. Quegli uomini di Governo, preoccupati solamente da recenti rancori e da rivendicazioni immediate, posero in disparte le maggiori e più vitali finalità dell'indipendenza politica ed economica dei popoli. La Bulgaria disprezzò le vantaggiose offerte della Quadruplice e volse invece le sue armi contro la Serbia allorché scorse il piccolo valoroso popolo assalito con ingenti apparati bellici dagli eserciti uniti dei due Imperi centrali. In queste contingenze la via era all'Italia chiaramente tracciata. Abbiamo dichiarato la guerra alla Bulgaria insieme agli alleati, coi quali abbiamo proceduto costantemente uniti nei tentativi di componimento. Così nello svolgersi dogli eventi, nel comune concorde sforzo dei negoziati diplomatici, nella lotta tenace, ma proseguita con le armi nei vari teatri della guerra, si è venuta affermando la piena e ammirevole solidarietà degli Alleati.
Il contributo efficace delle armi italiane alla causa comune è da ognuno conosciuto. Sino dall'inizio della nostra guerra fu risentita nel campo nemico la pressione formidabile dell'esercito italiano, avventatosi alla conquista dei confini naturali d'Italia. E più, palese apparve l'efficacia del nostro concorso militare, allorquando nel passato settembre l'Austria si trovò costretta a trasportare in fretta considerevoli contingenti verso le Alpi dalla Galizia e con ciò fu resa possibile in quel settore la vittoriosa controffensiva russa. E questa opera concorde, proseguita per vari mesi nella guerra, come nei negoziati, ci ha persuasi della necessità di dare una pubblica e solenne attestazione della solidarietà esistente tra gli Alleati, mediante una disciplina comune delle cinque Potenze, rinnovante quella intervenuta tra la Francia, l'Inghilterra e la Russia il 5 settembre 1914 e alla quale poi si unì il Giappone. L'atto formale della nostra adesione è stato firmato a Londra. E questo fu il suggello.
L'atteggiamento della Grecia ha dato luogo a preoccupazioni e a controversie che raggiunsero per un momento una certa tensione, ma la situazione si è fortunatamente chiarita ben presto mediante uno scambio di note, avendo la Grecia acconsentito senza difficoltà a dare gli affidamenti richiesti in armonia colle precedenti sue dichiarazioni di benevola neutralità, onde tutto dà a sperare che, dissipati ormai i sospetti e le diffidenze, si riprenderanno col regno ellenico le migliori relazioni di fiduciosa cordialità. Ciò servirà ad agevolare e regolare soddisfacentemente le singole questioni interessanti la garanzia, l'incolumità e la libertà di movimenti delle truppe alleate così a Salonicco come nelle strade d'accesso e la sicurezza dei rifornimenti per le vie del mare. L'indipendenza politica e economica della Serbia formò sempre uno dei capisaldi della politica italiana nei Balcani. Essa risponde ad una necessità vitale dell'esistenza stessa dell'Italia come grande Potenza. L'asservimento politico ed economico della Serbia da parte dell'Austria-Ungheria rappresenterebbe un grave e costante pericolo per l'Italia, elevando insieme una muraglia insuperabile per la nostra espansione economica sulla sponda opposta dell'Adriatico. Il Libro Verde che ebbi l'onore di presentare al Parlamento nel maggio scorso rende nota l'azione nostra a difesa della Serbia prima ancora della nostra entrata in guerra. D'accordo coi nostri Alleati noi consideriamo come fine imprescindibile di questa guerra la restaurazione dell'eroico popolo serbo nella pienezza della sua indipendenza.
Oggi l'esercito serbo, sotto il peso della duplice aggressione, cerca la via dello scampo verso il mare. Nonostante i lodevoli sforzi del corpo Anglo-francese: sbarcato a Salonicco, l'Italia non può rimanere insensibile all'angoscioso appello che giunge attraverso l'Adriatico. Faremo dunque al più presto quanto da noi dipende per portare soccorso all'esercito di Re Pietro, assicurandone, di concerto con gli Alleati, il vettovagliamento ed il munizionamento e facilitandone la concentrazione, nell'attesa che giunga il momento della riscossa.
La presenza della nostra bandiera sulla opposta sponda adriatica gioverà pure a riaffermare la tradizionale politica dell'Italia nei riguardi dell'Albania, la quale rappresenta ora come in passato un interesse di prim'ordine per noi, in quanto la sua sorte è intimamente legata all'assetto dell'Adriatico. Ha importanza grandissima per l'Italia il mantenimento dell'indipendenza, del popolo albanese, la cui spiccata e antica nazionalità fu invano, per scopi interessati, discussa e negata. Alla rivendicazione dei confini naturali, alla conquista delle porte d'Italia provvede, con tenacia ed abnegazione pari allo slancio, la virtù delle armi italiane e insieme conseguiremo il riscatto delle genti di nostra razza, che da lunghi anni sostengono una lotta disuguale contro la subdola, pervicace opera di snazionalizzazione perseguita dal Governo austriaco. La difesa strategica dell'Adriatico costituisce un altro caposaldo della nostra azione politica. E' per l'Italia necessità assoluta di vita di legittima difesa conseguire un assetto adriatico che compensi la sfavorevole configurazione del nostro litorale orientale.