16 Aprile, 1916

I "Mascabroni" e l'impossibile

Tre giornate di discussione chiuse dall’intervento di Sidney Sonnino. Il Ministro degli esteri illustra alla Camera le direttrici guida del Governo, riassume gli ultimi mesi di politica estera. Non può scendere nei dettagli, perché «solo chi conosce un segreto può giudicare i danni e i pericoli della sua propalazione». Lo “spiegone” è utile a riepilogare i traguardi più o meno significativi raggiunti dall’Italia e dall’Intesa: le operazioni di soccorso ai serbi, le conferenze interalleate, la ricerca di coordinazione, d’unità d’intenti e di solidarietà militare, diplomatica, ed economica. La dichiarazione più rilevante arriva qui: «Ogni eventuale impegno economico, con implicazioni successive alla presente guerra, non potrà avere alcuna attuazione pratica prima di essere stato sottoposto alle deliberazioni dei singoli Governi e Parlamenti».
Chiusura del discorso scontata e un po’ banale: «L’obiettivo nostro è semplice: combattere con tutte le nostre forze per la causa comune, tutelando allo stesso tempo i superiori e vitali interessi nazionali»

 A contrastare le dichiarazioni del Ministro ci sono solo i socialisti, arringati da uno splendido intervento di Treves. Il Governo pone la fiducia, come al solito: 357 favorevoli e 36 contrari. L’indirizzo della Maggioranza è approvato dalla Camera. Ora tutti in vacanza fino a giugno e buona Pasqua.

Ma il 16 aprile è una giornata speciale al fronte. Il Passo della Sentinella, appena sopra Sesto, è poco più di una fessura tra pareti verticali. Gli italiani lo soffrono come un mal di denti: da lì gli austro-ungarici si godono «una finestra sulla valle»; hanno accesso a vie di comunicazione e approvvigionamento. Il Capitano Giovanni Sala riceve l’ordine di espugnarlo. Sceglie personalmente la sua squadra di Alpini e chiama i suoi uomini “Mascabroni”, ovverosia “strafottenti, spavaldi”. Per gli austro-ungarici, meno prosaici, saranno “i diavoli bianchi”.
Non si può portare un attacco frontale al Passo della Sentinella, l’effetto sorpresa è fondamentale. Gli Alpini hanno impiegato un po’ a prender posizione, ma il nemico non si è accorto di nulla. Anche perché hanno scelto una via impraticabile: “Passare da lì è un suicidio”.
E invece no. L’assalto inizia in mattinata: i Mascabroni scendono in cordata da Cima 11 e passata l’ora di pranzo è già tutto finito, il Passo della Sentinella è italiano. Ci abbiamo provato per mesi, poi sono arrivati loro e hanno impiegato appena tre ore e nessun morto. Il blitz è così brillante, silenzioso, che il Comando asburgico non si è neanche reso conto di aver perso il Passo. Tutto tempo guadagnato per consolidare quella postazione strategica.

Davide Sartori

GLI AVVENIMENTI

Politica e società

  • La Camera italiana, ascoltate le dichiarazioni del Ministro degli esteri Sonnino, vota un ordine del giorno di fiducia al Governo.

Fronte occidentale

  • Battaglia di Verdun: i tedeschi bombardano il bosco di Avocourt e la Hill 304.

Fronte italiano

  • Sopra la valle di Sesto gli italiani espugnano il Passo della Sentinella, a 2.717 metri d'altitudine.
  • Contrattacco austro-ungarico in Valsugana; gli Italiani ripiegano sulla linea Marter-Roncegno.

Fronte orientale

  • Dopo nove giorni di combattimenti, i russi prendono una posizione sulla riva sinistra del Kara Dere (Anatolia).

Parole d'epoca

Distruzione del campanile

di Pasquale Attilio Gagliani

Domenica delle Palme
Alle ore 8,30 incomincia un bombardamento su S. Pietro: fin dai primi colpi, da 152, si capisce che il tiro è diretto al campanile che fin dal principio della campagna è stato un ottimo osservatorio; attualmente era ancora usato come tale dall'artiglieria da fortezza. Nei giorni scorsi il nemico si è limitato ad eseguire per qualche ora al giorno dei colpi a shrapnels, con scoppi molto alti, per disturbare il personale che trovavasi sul campanile. Oggi però il tiro evidentemente aveva propositi più decisi, perché, con opportune correzioni, i colpi sono stati gradatamente condotti sul campanile, tanto che tre di essi hanno scalfita la base. Data la solidità della costruzione, nessuno però prevedeva la possibilità che si riuscisse a farlo crollare. Dopo una breve sosta del fuoco, il tiro è stato ripreso verso le 10,30 con proietti di grosso calibro (da 240 o da 280); alcuni di questi però cadevano nei campi antistanti al campanile, altri sulle case vicine, fortunatamente vuote.

Verso le 11, sono incominciati a cadere colpi di grosso calibro, ad alto esplosivo. Noi osservavamo i risultati dall'argine che è presso la strada S. Pietro–Fogliano. Alle 11,30 si sono succeduti, uno dopo l'altro, tre colpi da 305 che sono scoppiati sulle immediate vicinanze del campanile. Dal nostro posto abbiamo osservato che le campane si muovevano; ad un tratto abbiamo visto piegarsi da un lato tutta la parte superiore alla cella campanaria, il resto del corpo del campanile spezzarsi a metà e precipitare verso i campi. Durante la caduta si è inteso distintamente il suono delle campane, estremo saluto dei sacri bronzi, creati per le preghiere di pace e morti gloriosamente in guerra.
Ho provato come una stratta al cuore, come se avessi visto cadere un amico: dall'alto di quel campanile in alcuni giorni sereni ho ammirato lo splendido panorama del golfo di Trieste, con la bianca città in fondo, meta dei nostri sogni!
Come artigliere ho ammirato il tiro, molto ben eseguito; ma come uomo!...che cosa triste è la guerra!

DAL FRONTE

Attività delle artiglierie e movimenti di truppe nemiche nella zona fra Valle Lagarina e Valle Sugana. Furono respinti piccoli attacchi dell' avversario contro le nostre posizioni di Soglio d' Aspio e di Milegrobe (Alto Astico). In Valle Sugana obbligammo il nemico a sgombrare dalla posizione di Monte Carbonile a sud-est di Levico, che manteniamo sotto i tiri di interdizione delle nostre artiglierie. In Carnia duelli delle artiglierie lungo il tratto di fronte dall' Alto Degano all' AltoBut. Sul Mrzli nella notte sul 15, l' avversario diresse innocue raffiche di mitragliatrici e di fucileria contro le posizioni che aveva invano assalito il giorno 13. Sul Carso ardite irruzioni delle nostre fanterie ad est di Selz e di Monfalcone ci procurarono il possesso di nuove posizioni avanzate. Furono presi al nemico una ventina di prigionieri e casse di munizioni e bombe.

Firmato: CADORNA

 

Il discorso di Sonnino sulla politica estera dell'Italia in guerra

Prima di entrar e a discorrere della situazione estera, credo preferibile per l'ordine della discussione che io risponda brevemente agli oratori che mi hanno interrogato intorno ad alcune questioni minori o ne hanno fatto oggetto di speciali ordini del giorno. All'onorevole Ciccotti mi pregio confermare quanto ho dichiarato sommariamente ieri, relativamente al suo ordine del giorno che invitava il Governo alla denuncia della convenzione con la Germania del 9 novembre 1907, con cui si equiparava in tutto e per tutto il diritto di traduzione delle opere letterarie e di rappresentazione teatrale a quello della proprietà letteraria sull'opera originale.

Il Parlamento mostrò chiaramente, in occasione della discussione della Convenzione di Berlino, del 13novembre 1908, approvata con la legge del 4 ottobre 1914, la sua volontà di ritornare alle disposizioni del trattato di Berna del 1886 (modificato dall'atto addizionale di Parigi), per le quali tali diritti esclusivi non sussistevano nei rispetti dei paesi esteri, quando l'autore non se ne fosse valso entro un decennio facendo eseguire per conto proprio la traduzione della sua opera, Valendoci della facoltà ammessa dall'articolo 8 del trattato stesso del 1907 abbiamo 1 da vari giorni inviata la denunzia alla Cancelleria imperiale germanica pel tramite dei Governo svizzero, onde tra un anno rivivono per intero a questo riguardo le disposizioni del trattato di Berna.

L'onorevole Caroti ha parlato della necessità di riforme nei nostri ordinamenti consolari, questione di cui si occupa anche l'onorevole relatore della Giunta del bilancio. Essa è già da tempo allo studio; tu oggetto di una pregevole relazione di una Commissione presieduta dall'onorevole Bo selli. Le sue proposte, che importano un notevole aumento di spesa, si sono andate gradatamente adottando. Con la legge 18 luglio 1911 vennero pur e aumentati gli organici nei limiti allora necessari per coprire i posti di nuova istituzione.

L'anormale situazione creata in questo ramo di servizi dalla guerra italo-turca e dalla conflagrazione europea sia reso difficile applicare altri provvedimenti che richiedono maturi studi e notevole aumento di spesa, e una definitiva sistemazione delle sedi degli uffici all'estero, che solo è possibile adottar e in circostanze normali. Intanto vennero istituiti nuovi uffici dove più affluiva la nostra emigrazione e più importanti erano i traffici col nostro paese. Così ad esempio in America furono istituiti i nuovi consolati di carriera a Toronto nel Canada; sulle coste del Pacifico a Seattle; nel Canale omonimo il consolato a Panana; nel Brasile a Manaos ed a Bahia, in Argentina a Mendoza; in Europa a Mosca, a Nancy, a Düsseldorf, a Saarbrücken. U n a riforma organica del servizio consolare potrà più opportunamente essere studiata dopo la guerra in conformità anche delle necessità della nuova situazione internazionale che verrà a crearsi. Naturalmente , non posso ora rispondere ad ogni singola domanda fatta dagli oratori, perché dovrei parlar e oltre otto o dieci ore ; mi basta però accennar e all'indirizzo che vorrei dar e all'amministrazione.

Il tema trattato dall'onorevole Cabrini troverebbe la sede sua propri a nella discussione del bilancio del Fondo dell'emigrazione, già inscritto nell'ordine del giorno della Camera. A ogni modo posso fin da ora confermar e che sono state date istruzioni al nostro. ambasciator e a Parigi di avviar e le trattative pel possibile completamento del trattato di lavoro che fu concluso nel 1904. Concordo con l'onorevole Cabrini nella convenienza di sempre più perfezionare la nostra legislazione sociale, e ciò anche al punto di vista del pia facile pareggiamento, sotto condizione di reciprocità, della situazione dei nostri lavoratori all'estero con quella dei lavoratori indigeni dei paesi più progrediti.  Ma non potrei arrivare fino al punto , né credo lo desideri lo stesso onorevole Cabrini, di rinviar e ogni trattativa pel miglioramento della condizione giuridica ed economica dei nostri lavoratori all'estero, fino a quando avremo potuto meglio completar e la nostra legislazione sociale, equiparandola a quella straniera più evoluta .

Lo svolgimento della nostra legislazione sociale deve farsi con riguardo specialmente alle condizioni nostre interne, economiche e sociali, e non è sempre possibile il pareggiamento con questa o quella legislazione estera, la quale può corrispondere a d ambienti assai diversi di economia generale o di lavoro. D'altra parte, pur apprezzando le ragioni esposte dall'onorevole Cabrini a sostegno della sua tesi, non si deve dimenticar e che nel coordinare, come egli dice, i trattati con le nazioni europee a legislazione sociale progredita, si dovrà tener conto del fatto che la mano d'opera nostrana si dirige appunto in quei paesi soltanto perché vi è colà una esuberante forza di assorbimento da part e del mercato industriale. E perciò anche codesto «bisogno» delle altre nazioni deve avere il suo valore nella bilancia delle concessioni. Il Governo ha ritenuto opportuno di intavolar e fin da ora nuovi negoziati con la Franci a pel regolamento delle varie questioni interessanti i nostri operai appunto perché si manifesta ora là una forte richiesta di lavoro italiano cui si interessano direttamente anche quegli organi statali, richiesta che probabilmente non sarà per cessare per parecchio tempo anche dopo terminata la guerra.

Il completamento del Trattato attuale può comprender e non meno i vari problemi riflettenti i salari e gli orari, che quelli delle pensioni l e delle assicurazioni, dei quali più specialmente si occupò la recente riunione franco-italiana di Villa d'Est e presieduta dall'onorevole Luzzatti.  I risultati delle trattative dovranno essere sottoposti all'esame del Comitato dell'emigrazione, che emana dal Consiglio cui prendono part e anche i rappresentanti delle maggiori organizzazioni operaie, che avranno così modo di fa r sentire in proposito il loro modo di vedere.

L'onorevole Gasparotto sì è mostrato impensierito delle condizioni in cui versano i prigionieri italiani nell'Austria-Ungheria. Stimo mio dovere, anche nell' intento di tranquillar e le ansie delle famiglie, di rassicurare la Camera intorno al tratta - mento che vien fatto ai prigionieri stessi nei vari campi di detenzione. Le visite ai nostri prigionieri, promosse o suggerite dal Regio Governo, sono state le seguenti :
27 giugno 1915 - Visita dell'addetto navale Graham al campo di Neulengbach;
22 luglio 1915 - Visita dello stesso addetto navale Graham al campo di Mauthausen, nel quale vennero poi concentrati tutti i nostri prigionieri;
25 gennaio 1916 - Visita dello stesso addetto navale Graham al campo di Mauthausen;
29 febbraio 1916 - Visita di Sua Eccellenza l'ambasciatore Penfield al campo di Mauthausen.

Oltre a queste, vi furono varie visite, promosse dalla Croce Rossa, dal Governo svizzero ecc., delle quali abbiamo ricevuto rapporti. Nessuna grave lagnanza : quelle rilevate sono state subito segnalate alle autorità americane perché si adoperassero a farle rimuovere. Manchevolezze pare vi siano per ciò che riguarda il vitto, e la maggior parte delle nostre pratiche sono state dirette ad ottenere miglioramenti per questo. È certo però che le condizioni interne dell'Austria non possono non ripercuotersi sui nostri prigionieri. Sino dal dicembre 1915 si è cominciato a spedire viveri a Mauthausen non per sopperire al mantenimento dei prigionieri, che costituisce un obbligo esclusivo del Governo austro-ungarico, ma per corrispondere al loro desiderio di avere di tanto in tanto un piatto nazionale. È sulle loro indicazioni che è stato preferito l'invio di riso e di pasta a quello di pane, ma si è anche mandato e si continuerà a mandare del pane specialmente fabbricato in Italia sotto la sorveglianza di persone benemerite. I rapporti ufficiali pervenutici escludono maltrattamenti fisici ai nostri prigionieri. Venendo al lavoro sappiamo che i nostri prigionieri sono adibiti a lavori nel campo stesso di Mauthausen secondo le loro specialità e se fuori del campo vengono adibiti a lavori agricoli ed a lavori stradali, lagnanze per la durata del lavoro ecc. non ce ne sono pervenute. ' Dal lato sanitario gli impianti sono buoni, il campo è ben disposto e ben tenuto. All' onorevole Foscari che si preoccupava della situazione legale dell'Epiro settentrionale, in seguito agli ultimi fatti ivi occorsi, posso dare assicurazione che il Governo greco ha riconosciuto formalmente, con nota alle Potenze del 21 febbraio 1914, confermata con dichiarazioni alla Camera ellenica del 27 ottobre dello stesso anno, che l'occupazione dell'Epiro settentrionale ha un carattere puramente temporaneo e non di conquista, riconoscendo tuttora la Grecia le decisioni sull' Albania della conferenza degli ambasciatori.

Queste dichiarazioni sono state ufficialmente rinnovate con nota del 17 marzo ultimo scorso ai rappresentanti della Quadruplice, in risposta alle rimostranze per l'ammissione al Parlamento dei deputati ultimamente eletti nell' Epiro settentrionale, dichiarando il Governo ellenico che tale ammissione è, beninteso, sottomessa alle stesse modalità dell'occupazione a cui i deputati devono l'origine del loro mandato.

L'onorevole Labriola vuole meglio assicurato il controllo della Camera e l'onorevole Petrillo la sua partecipazione più diretta nella politica estera del Governo. Il Governo usa pubblicare via via, mediante comunicazioni al Parlamento o alla stampa, tutte quelle notizie e quei documenti che esso reputa atti a chiarire la situazione internazionale e a dar modo alla pubblica opinione di giudicare della sua politica e di motivare le proprie risoluzioni; ma esso ha il dovere di sempre riservare a sé il giudizio sulla opportunità di siffatte pubblicazioni. Solo chi sa un segreto può giudicare dei danni e dei pericoli della sua propalazione. E ricordatevi che il più attento ascoltatore di ogni nostra discussione è sempre il nemico.

Quanto al controllo parlamentare la Camera può sempre chiedere conto al Governo e a ciascun singolo ministro di quello che ha fatto o che fa o che non fa, e, dopo sentitene le ragioni, può negare la sua fiducia a chicchessia. Il diritto di partecipazione della Camera nella politica estera non ha altro limite o freno che nel patriottismo della stessa Assemblea, illuminato e guidato dalla fiducia che essa riponga nel criterio e nell'animo di ehi mantiene al governo della cosa pubblica. 35Ton sarebbe senza pericolo fissare un dato metodo meccanico che miri ad assicurare per se stesso la efficacia del controllo parlamentare nella politica estera.

Per lo stesso caldo interesse che porto agli ordini rappresentativi mi dichiaro recisamente contrario alla introduzione di qualunque istituto che volesse significare praticamente la negazione del segreto diplomatico. Essa rappresenterebbe a mio giudizio un notevole passo indietro sulla via del migliore funzionamento degli ordini parlamentari. La soppressione del segreto diplomatico equivarrebbe a voler porre il Governo d'Italia in una condizione di normale inferiorità' nelle sue relazioni con gli altri Stati, rendendo assai più difficile, se non impossibile, in varie contingenze, anzi nelle più importanti, ogni utile trattativa o intesa con l'estero.

Da alcuni oratori furono portate accuse generiche contro funzionari, le quali, probabilmente, hanno origine da notizie ad arte propalate dai nostri nemici. Essendo in grado di giudicare che il segreto delle trattative non è stato in alcun modo compromesso, è mio dovere di attestare la mia piena fiducia nei funzionari da me dipendenti,  compresi quelli all'estero, che nella difficile loro situazione, hanno adempito con intelligente zelo il compito loro assegnato. (Bene!) Per dimostrare poi il valore delle pretese dilazioni provenienti dalla Consulta, osservo che nel rammentato telegramma del barone Macchio al barone Burian del 2 aprile 1915, egli riferisce che il suo informatore assicurava che si sarebbe da noi indugiato a dare una risposta alle proposte del barone Burian, volendo prima attendere lo svolgimento degli avvenimenti in Ungheria e nei Dardanelli. Porse mosso da queste informazioni, il barone Burian, il 6 aprile, esprimeva il desiderio che si sollecitasse una conclusione e chiedeva che io formulassi le mie controproposte. Ed ebbe subito, cioè l'8 aprile, la mia risposta con la enumerazione precisa e dettagliata delle condizioni nostre. Tutto questo dimostra quale fondamento di serietà avessero le informazioni segrete del barone Macchio, e. giova forse anche a spiegare i non pochi granchi presi dal troppo astuto diplomatico. Liberato cosi il terreno dalle singole questioni minor! che mi sono state proposte dai vari oratori, vi prego, onorevoli colleghi, di seguirmi in una rapida rassegna dell'opera del Governo nelle varie contingenze internazionali che si sono presentate in questi ultimi mesi ; con che potrete meglio rendervi conto del come abbiamo interpretato i vostri intendimenti nel disimpegnare ii largo mandato concessoci nel dicembre scorso, e di giudicare se meritiamo che continuiate ad onorarci della vostra fiducia. (Segni di vivissima attenzione). Nella seduta del 1° dicembre scorso, dopo aver ricordato l'azione spiegata dal Governo italiano ancor prima della nostra entrata in guerra, a difesa dell'indipendenza della Serbia, resi noto al Parlamento il nostro proposito «di fare quanto da noi dipende per portare soccorso all'esercito di Re Pietro, assicurandone, di concerto cogli alleati, il vettovagliamento e il munizionamento, e facilitandone la concentrazione, nell'attesa che giunga il momento della riscossa». Non era in quel giorno opportuno che entrassi in particolari circa le modalità che avrebbe potuto assumere l'opera nostra, poiché questa doveva anche dipendere dall'esito delle operazioni militari che si svolgevano in quel settore balcanico.

È nota la decisione presa successivamente di trasportare e concentrare a Corfù quelle truppe serbe, che, dopo una lotta sostenuta contro due eserciti nemici soverchianti di numero, si erano ritirate nel Montenegro e in Albania. Poiché una resistenza dell'esercito serbo, sia a Scutari, sia in Albania, fu riconosciuta impossibile, diveniva necessità assoluta e capitale impedire un accerchiamento e una capitolazione. Primo arduo compito era quello del rifornimento e del vettovagliamento. Esso fu affidato alla marina italiana, coadiuvata da unità aggregate dalle flotte alleate. Fu provveduto dapprima per la via irta di difficoltà di San Giovanni di Medua. Lo sbarco del materiale cessò solamente allorquando il Re del Montenegro, col suo Governo e le Missioni diplomatiche, lasciarono quella regione per l'avanzarsi del nemico. Altri trasporti o sbarchi di materiali si fecero a Durazzo. In complesso i materiali trasportati e sbarcati ammontarono a 6900 tonnellate a San Giovanni di Medua ed a 30 mila tonnellate negli altri porti dell'Albania. Vi furono impiegati circa cento piroscafi. L'impresa, ancor più ardua, dell'imbarco e del trasporto dell' esercito serbo segna un'altra pagina brillante ad onore della nostra marina.

Furono soccorse e ritirate da Medua, da Durazzo e da Vallona, oltre l'intero esercito serbo, molte migliaia di profughi, donne e bambini; e migliaia di ammalati e feriti vennero imbarcati su navi-ospedali. Fu inoltre trasportato in Italia tutto il contingente dei prigionieri austriaci che erano stati catturati dall'esercito serbo. Ne occorre dimenticare che, contemporaneamente, avveniva l'invio, sull'altra sponda, di una spedizione militare italiana destinata a rendere possibili ed ordinati tutti gl'imbarchi anzidetti. In complesso furono così trasportati attraverso l'Adriatico oltre 250 mila persone e diecimila cavalli. Questo così considerevole movimento di persone e di materiale avvenne senza gravi danni, nonostante la stagione cattiva, nonostante le avverse condizioni dei piccoli porti albanesi, la prossimità delle basi nemiche, la relativa lontananza dell'unica base nostra, Brindisi; per cui erano assai facilitate le insidie dei sommergibili nemici, i quali poterono portare ben 19 attacchi a fondo. Il nemico, inoltre, dette prova di attività continua con mezzi aerei, con mine subacquee, con tentativi di entrata in azione mediante squadriglie di cacciatorpediniere appoggiate ad esploratori o ad incrociatori. Tutti questi tentativi vennero frustrati dalla vigilanza perenne del naviglio di scorta; ed è veramente notevole la scarsità delle perdite sofferte

Oggi l'esercito serbo ricostituito sta ad affermare solennemente che la Serbia, nella avversa fortuna delle armi, vive di vita indomabile contro l'aggressione e l'oppressione nemica. La visita del Principe Alessandro di Serbia, venuto a ringraziare il nostro Re ed il Governo per l'aiuto prestato al suo esercito, suscitò in Italia un'eco generale di simpatia e ne fu dimostrato quanto sincero sia l'interessamento del popolo italiano alle sorti del valoroso popolo serbo.  Nella stessa occasione abbiamo potuto salutare la veneranda figura del Capo del Governo serbo, signor Pasic, con cui avemmo cordiali colloqui. L'invasione del Montenegro fu conseguenza inevitabile della ritirata dell'esercito serbo. Fu detto da taluno che l'Italia avrebbe potuto e dovuto inviare nel Montenegro una spedizione militare di protezione, ma questa tesi non regge alla più elementare critica sulla base di una esatta conoscenza degli elementi tattici e strategici della situazione, tanto per terra che per mare.

S. M. il Re Nicola ha preferito prendere la via dell'esilio piuttosto che firmare una pace separata, fiducioso che la vittoria finale degli alleati restituirà alla sua Patria l'indipendenza e l'integrità del territorio. Le truppe montenegrine, che seguirono il Sovrano, furono trasportate a Corfù, ove sono riorganizzate in attesa del momento della riscossa. Allo scopo di provvedere alla salvezza dell'esercito serbo inviammo a Durazzo reparti militari, ad integrare il compito della flotta. L'occupazione di Durazzo ebbe pertanto un fine temporaneo, adempiuto il quale le nostre forze di terra vennero concentrate a Vallona, ove il Governo ha predisposto quanto occorre per far fronte ad ogni sorpresa. Col possesso di Vallona riteniamo salvaguardati gli interessi adriatici dell'Italia, in quella parte della sponda opposta, mentre maturano gli eventi nella Penisola balcanica. Anche il generale Essad è partito da Durazzo, e insieme alle truppe albanesi che lo accompagnavano gli offrimmo in Italia una cordiale ospitalità. L'imbarco del nostro presidio di Durazzo fu compiuto in circostanze particolarmente difficili, nelle quali rifulsero le qualità delle nostre truppe di terra e di mare. Il mare tempestoso ostacolava l'imbarco e il nemico molto superiore di numero incalzava ; quando si tenga conto di tali circostanze, le nostre perdite, che sommarono, nei due giorni del combattimento di copertura e dell'imbarco, a 807 uomini, tra morti e feriti e dispersi, appariscono lievi, mentre al nemico furono inflitte perdite di gran lunga superiori.

Nelle mie comunicazioni a questa Camera del 1° dicembre accennai alle preoccupazioni cui aveva dato luogo l'atteggiamento della Grecia di fronte agli alleati. Queste preoccupazioni, sopite allora, furono disgraziatamente seguite da nuove divergenze. Ma ora il Governo ellenico mostra di rendersi conto dei superiori interessi del Paese e di essere conscio delle necessità politiche e militari che motivarono la condotta degli alleati a Salonicco ed a Corfù. L' Italia desidera sinceramente il mantenimento dei più amichevoli rapporti col Regno ellenico e noi confidiamo che ogni questione fra i due popoli, legati da così belle antiche tradizioni, potrà essere risolta nel mutuo interesse delle buone cordiali relazioni di vicinanza. Le nostre relazioni con la Romania sono ispirate a quella tradizionale amicizia che risponde alla bene intesa reciproca valutazione dei comuni interessi ed all'intima coscienza popolare delle comuni origini di razza. Nulla tralascia il Governo italiano per rendere sempre più cordiali i rapporti con la Romania e sono lieto di constatare altrettanta volenterosa premura da parte del Governo di Bucarest.

Il 14 febbraio scorso i Governi di Francia, Inghilterra e Russia, firmatari dei trattati che garantiscono la indipendenza e neutralità del Belgio, dichiaravano che al momento opportuno il Governo belga sarà chiamato a partecipare ai negoziati di pace, e che non metteranno fine alle ostilità senza che il Belgio sia ristabilito nella sua indipendenza politica ed economica e largamente indennizzato dei danni subiti. Non essendo l'Italia nel numero delle Potenze garanti dell'indipendenza e della neutralità del Belgio, essa, come firmataria della Convenzione di Londra del 30 novembre, ha esternato il suo consenso a tale dichiarazione, venendo così praticamente e pienamente ad associarsi ad una condizione di pace, che significa la completa restaurazione dell'eroico Belgio.

Abbiamo salutato con viva soddisfazione l'entrata del Portogallo nelle nostre file. Quel Governo ha dimostrato, colla sua avveduta e generosa risoluzione, di sapere validamente tutelare i superiori interessi del Paese. L'opinione pubblica italiana ha unanimemente accolto con esultanza la splendida "vittoria dell'esercito russo nella conquista della formidabile fortezza di Erzerum. (Approvazioni). La susseguente avanzata russa su Trebisonda e verso Muse dà a prevedere quale fiero colpo debba ricevere da quella parte l'Impero Ottomano, che così incautamente si lasciò trascinare in guerra, contro i suoi vitali interessi.

Tra i Governi alleati di Russia e d'Italia corrono le più amichevoli fiduciose relazioni e tra le due Nazioni si cementa sempre maggiormente la cordialità dei sentimenti, come ne attesta il gradito saluti che al Parlamento italiano pervenne dalla Duma dell' Impero, e l'annunciato arrivo in Italia di una rappresentanza di quell'alto Consesso. (Vive approvazioni — Vivi applausi). Nello scorso febbraio avemmo la visita del Presidente del Consiglio dei ministri di Francia, signor Briand, accompagnato da eminenti suoi collaboratori. Tutta Italia colse la gradita occasione per manifestare alla Nazione alleata, rappresentata da così insigne uomo, i calorosi suoi sentimenti di amicizia. Nelle conferenze che ebbero luogo a Roma venne riconosciuta la necessità di provvedere affinché gli sforzi degli alleati fossero più strettamente coordinati alio scopa di efficacemente raggiungere una completa unità d'azione. A Roma furono quindi preordinate la riunione preparatoria dei Delegati degli stati maggiori a Chantilly e la Conferenza politico-militare degli alleati a Parigi.

Contro cambiando la visita di Roma, i rappresentanti del Governo italiano trovarono a Parigi dal Governo della Repubblica accoglienze improntate a squisita cortesia, mentre il nome d'Italia veniva salutato da quella nobile popolazione con accenti della più calda fratellanza. Non è ancora spenta fra noi l'eco delle entusiastiche accoglienze che tutta Italia fece pur l'altro giorno al primo ministro inglese, signor Asquith. (Benissimo!) Fummo lieti di salutare a Roma l'autorevole capo del Governo alleato, e la Nazione italiana riaffermò volonterosa e spontanea quegli antichi e cordiali sentimenti di amicizia che legano Italia e Inghilterra e che hanno sicuro fondamento nella tradizione memore del passato e nella pratica comunanza degli interessi. (Vivissimi prolungati applausi). La Conferenza di Parigi del 27 e 28 marzo ebbe anzitutto per risultato di dare all'opinione pubblica universale la manifesta prova della forte compagine dell'alleanza. Questo risultato morale, nelle presenti circostanze, è destinato ad ottenere un effetto essenzialmente pratico, e costituisce un notevole elemento di sicurezza e di fiducia. "Mentre i Governi alleati hanno constatato la perfetta armonia delle loro vedute e dei loro propositi, le popolazioni ne traggono nuovo incitamento a proseguire con incrollabile tenacia negli sforzi e nel sacrificio.

Intanto gli sguardi del mondo intero si volgono ammirati alle gesta dell'esercito francese sotto Verdun. Fin da ora si può affermare che la battagli a di Verdun costituisce un notevole successo per la Francia , in quanto è venuto a mancar e quello che era scopo principale del nemico nell' improvviso suo assalto, cioè di provocar e in Franci a e nei paesi alleati e neutrali un moto di depressione e di scoraggiamento. Questo scopo oramai è fallito grazie alla splendida resistenza delle truppe francesi. Lo spirito pubblico in Francia e nei. paesi alleati si dimostra fermo nella lotta , fiducioso nella vittoria . E pertanto la situazione al fronte francese, nonché i successi russi in Armenia e sul front e principale, vengono ad integrare e confermar e quell'effetto morale, cui ho sopra accennato, derivante dalla riunione di Parigi. Non potrei, riguardo agli accordi specifici della Conferenza, entrar e in minuti particolari, di cui profitterebbero gli avversari, ma basti accennare che ne è risultata solennemente confermata la piena solidarietà degli alleati già proclamata dalla convenzione di Londra del novembre scorso.

Nella Conferenza di Parigi furono concretati alcuni capisaldi che vennero già resi noti al pubblico, oltre quello dell'unità dell'azione militare sull'unità del fronte, assicurata mediante l'intesa conclusa tra gli stati maggiori, e la riaffermata unità dell'azione diplomatica . Pe r metter e in pratica nel campo economico la loro solidarietà d'intenti e d'interessi, gli alleati hanno deciso di da r incarico alla Conferenza economica, che avrà luogo prossimamente a Parigi, di ricercare e di proporre le misure più adatte per raggiungere lo scopo. Questa ben inteso che ogni eventuale proposta della Conferenza, in quanto abbia ad estendersi al periodo successivo alla presente guerra, non potrà avere alcuna attuazione pratica prima di essere stata sottoposta alle deliberazioni dei singoli Governi e Parlamenti. La Conferenza ha inoltre deliberato di costituire a Parigi un Comitato permanente , nel quale saranno rappresentati tutti gli alleati, allo scopo di intensificare, coordinar e a unificare l'azione economica diretta ad impedire il rifornimento del nemico. Già misure efficaci erano state prese in questo stesso ordine di idee dal Governo italiano. Il decreto luogotenenziale del 4 febbraio scorso ha proibito l'introduzione nel territorio del Regno e delle Colonie, tanto in via di importazione che in via di transito, delle merci di produzione o di origine dell'Austria-Ungheria e della Germania, da qualunque paese esse provengano. A Parigi fu inoltre deciso di metter e in atto l'organizzazione, già iniziata a Londra , di un ufficio centrale dei noli marittimi, e di procedere insieme e nel più breve tempo, alla ricerca dei mezzi pratici da impiegare per ripartir e equamente fra le Nazioni alleate gli oneri risultanti dai trasporti marittimi e per contenere il rialzo dei noli. Attendiamo all'opera tutte queste organizzazioni miranti a meglio armonizzare e disciplinare gli sforzi, fin qui troppo saltuari e disordinati, dei diversi Stati.

Ci siamo pur e adoperati, in questi ultimi mesi, con assidua cura a risolvere quanto più possibile tutte quelle particolari questioni vertenti tra noi ed i singoli nostri alleati, le quali attendevano tuttora una sistemazione e che potevano dare facilmente occasione a incresciose divergenze e a turbamenti. Fu conclusa colla Franci a un'intesa, in forza della quale, conformemente allo spirito degli accordi franco-italiani del 1902 e a riscontro del riconoscimento della nostra piena sovranità in Tripolitania per parte della Franci a nel 1912, abbiamo rinunciato ai privilegi capitolari nel Marocco e sostituito ai trattati e alle convenzioni, che esistevano fra Itali a e Marocco, i trattati e le convenzioni tra Itali a e Francia, ameno che contengano una clausola in contrario.

Nel corso di questo negoziato ci siamo assicurati l'istituzione di scuole primarie nazionali per l'educazione degli italiani dimoranti al Marocco e l'estensione agli operai italiani dei provvedimenti che il Governo marocchino si è dichiarato pronto a prendere per la tutela degli operai in casi di infortuni sul lavoro. Per apprezzare la importanza di questa intesa e dei benefici assicuratici con essa, occorre tener presente che la colonia italiana al Marocco è composta principalmente di lavoratori e che in questi ultimi anni salì al numero di 12,000 individui. Con la Francia abbiamo pure concordata una Convenzione, da valere per la durata della presente guerra, per la reciproca consegna dei renitenti e dei disertori. Con l'Inghilterra abbiamo conchiuso recentemente un a intesa, colla quale ci siamo assicurati in Egitto anche per  l'avvenire un trattamento di perfetta uguaglianza in favore dei nostri connazionali e dei nostri sudditi coloniali in confronto degli altri stranieri. Con questa assicurazione abbiamo consentito sin da ora, in via di massima, all'eventuale cessazione del regime capitolare in Egitto, alla quale ci eravamo già impegnati nell' ottobre 1912, allorquando l'Inghilterra riconobbe la sovranità italiana in Libia; abbiamo consentito pure alla conseguente trasformazione dei tribunali misti, la cui esistenza nelle forme attuali è stata prorogata alla fine gennaio 1917. L'Inghilterra da parte sua ha già proceduto alla nomina di un nuovo magistrato italiano presso i tribunali misti in situazione identica a quella del magistrato francese che, in seguito alla partenza, per causa di guerra, dei magistrati tedeschi ed austro-ungarici, era stato l'anno scorso chiamato in funzione.

È stato da vari oratori fatto cenno delle vessazioni e dei rigori usati nell'Impero Austro-Ungarico a carico di cittadini italiani, sequestrandone i beni e gli esercizi, vietando pagamenti di loro crediti, ecc., ecc. Non ci risulta di consimili disposizioni prese in via generale, e attendiamo risposte ai reclami da noi avanzati al riguardo per il tramite degli Stati Uniti; ma poiché si moltiplicano le denunzie di dolorosi casi singoli, abbiamo voluto armare il Regio Governo, con uno speciale decreto luogotenenziale già firmato, delle facoltà necessarie per poter eventualmente usare di rappresaglia, con corrispondenti misure a carico degli interessi nemici.

È stata costante norma nostra fin dal primo giorno in cui siamo entrati in campo, di non prendere alcuna iniziativa di rigori e sevizie a danno dei sudditi nemici, che non siano strettamente imposte dalle necessità della difesa militare, e di rispettare tutte le regole di guerra adottate dalle convenzioni internazionali; ma non potremmo, pel dovere stesso che c'incombe di difendere i nostri connazionali, non ritorcere tutte quelle offese alle regole stesse, che venissero dagli avversari perpetrate a loro danno. Onorevoli colleghi! Vi ho tracciato sommariamente l'opera nostra dall'ultima volta che ebbi l'onore di intrattenervi sulla situazione internazionale. Essa ha mirato soprattutto a stringere i vincoli di intima unione e di solidarietà tra gli alleati, coordinandone' sempre più l'azione nel campo diplomatico ed economico, non meno che in quello militare.

L'obiettivo nostro è semplice: combattere con tutte le nostre forze per la causa comune, tutelando allo stesso tempo i supremi e vitali interessi nazionali. [Approvazioni). Questa guerra segna indubbiamente il principio di una nuova era storica pel mondo civile. Sicuri del nostro diritto, stretti intorno al nostro Re, procedendo in perfetto accordo coi nostri compagni d'armi, lottiamo strenuamente, tendendo al massimo ogni energia per giungere alla vittoria, ad una vittoria che assicuri un'era, non di odio e di prepotenza, quale agognano i nostri avversari, ma di giustizia e di libertà per tutti i popoli.

Dovremo certo affrontare ancora durissime prove, ma con la mutua cordiale cooperazione tra gli alleati, mercè le eroiche gesta del valoroso nostro esercito di terra e di mare, e mantenendo la completa unione interna degli spiriti, cementata dal fervente patriottismo di tutti i partiti, di tutti gli ordini di cittadini, andiamo incontro all'avvenire con animo fidente nella fortuna radiosa d'Italia; reputandosi ciascuno di noi avventurato, checché di lui personalmente avvenga, di poter in qualche misura cooperare a proseguire l'opera santa iniziata dai nostri padri, lavorando a completare e consolidare il glorioso edificio da loro eretto con tanta virtù di patriottismo e di sacrificio. 

Come in una macchina del tempo, ogni giorno una nuova pagina del diario.
Le testimonianze, le immagini, i filmati negli archivi e nei giornali dell'epoca.

Sono nato a Roma nel dicembre del 1984, mi sono diplomato al liceo scientifico J.F. Kennedy e ho frequentato la facoltà di Scienze della Comunicazione all’università la Sapienza, ma non mi sono laureato.

I miei interessi? Un po’ di tutto, come molti trentaduenni. Lo sport, la politica, la Storia del ‘900. Niente di eccezionale.


Dal dicembre 2003 al marzo 2005, ho scritto per un giornale locale (Il Corriere Laziale), quindi ho fatto uno stage con una piccola televisione satellitare (Nessuno TV).
Nel 2011 la Graphofeel edizioni ha pubblicato il mio libro “Mens insana in corpore insano”, il racconto di una vacanza on the road da Roma a Capo nord.
Dall’agosto 2013 al gennaio 2014 ho ricominciato a scrivere di calcio quotidianamente, con articoli e pronostici sportivi sul sito http://www.scommessepro.com/
Da giugno 2014 racconto la Grande Guerra, giorno per giorno.

Davide Sartori