L’eruzione di Messines
Con le pupille dilatate per l’oscurità, curvi al claustrofobico lumicino delle lanterne, in silenzio, con il sapore di terra in bocca e l’odore caldo di aria stantia. I minatori britannici, armati di pala, piccone e sudore, hanno scavato e vissuto come talpe per mesi, qualcuno per anni, sottoterra. Il risultato sono una ventina di tunnel, lunghi anche otto chilometri, fin sotto le linee tedesche in Belgio, alcuni sfiorano i trenta metri di profondità.
Sono passate le tre di notte del 7 giugno quando i sismografi in Svizzera registrano un terremoto. L’epicentro è a circa 500 chilometri, ma non è un terremoto: è la più potente esplosione provocata dall’uomo in epoca pre-nucleare. I britannici hanno fatto brillare oltre 450 tonnellate di esplosivi ad alto potenziale nelle viscere della terra, sotto le trincee tedesche; l’onda sonora ci mette una decina abbondante di minuti, ma arriva a Londra, a 225 chilometri di distanza, dove ad ascoltarla c’è Lloyd George; il Primo Ministro è sveglio, come in attesa dell’operazione.
Lo spettacolo tra Messines e Wytschaete è indescrivibile. Per chi assiste non è la fine del mondo, ma ci assomiglia molto: un delirio infuocato si incolonna verso un cielo a tinte rossastre; un’eruzione vulcanica, neanche fosse il Krakatoa. I crateri sono più grossi delle piscine olimpioniche. Migliaia di tedeschi lasciano questa valle di lacrime più o meno all’istante, gli altri, i più fortunati tra i sopravvissuti, sono così sconvolti, così tramortiti, da non ricordare neanche il proprio nome.
A questo punto l’artiglieria britannica ricomincia e la fanteria si lancia all’assalto su un fronte di una quindicina di chilometri. Per una volta procede tutto secondo i piani: verso le nove di mattina viene occupata Wytschaete; nel pomeriggio l’intero crinale di Messines è conquistato; i tedeschi lo dominavano dal 1914.
Questo successo è la chiave che spalancherà le porte alla prossima battaglia di Ypres. Londra può essere soddisfatta e lo è, ma fino a un certo punto: il piano ha funzionato come previsto, la vittoria è stata netta e veloce, ma l’attacco non è replicabile, ci vuole troppo tempo a organizzare una cosa simile.
Si combatte anche sul nostro fronte, dove gli italiani falciano e respingono le ondate austro-ungariche sul Vodice.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Fronte occidentale
- Comincia la battaglia di Messines (Mesen). I britannici catturano il crinale Messines-Wytschaete dopo l’esplosione di 19 mine; tempestato un fronte di circa 15 km; presi 6.400 prigionieri.
Fronte italiano
- Respinto l’attacco austro-ungarico all’altura del Vodice.
Dal fronte italiano
REGIO ESERCITO ITALIANO - COMANDO SUPREMO
BOLLETTINO DI GUERRA N. 741 - 07 GIUGNO 1917 - ORE 18:00
Lungo la fronte del Trentino azioni normali d'artiglieria e scontri di riparti in ricognizione. Nella notte sul 6 il nemico attaccò in forze le nostre linee nella valletta del torrente Bacher (Sexten). Fu respinto con perdite. Sulla fronte Giulia l'artiglieria avversaria, energicamente controbattuta dalla nostra, si accanì, come di consueto, contro Gorizia e qualche altro centro abitato della pianura.
Sul Carso, anche nella giornata di ieri, l'attività combattiva del nemico, alimentata da nuove ingenti forze prelevate da altri teatri di guerra, s'è mantenuta assai viva. Un attacco violentissimo venne sferrato contro le nostre posizioni dalla Quota 247, a sud di Versic, alle case di Quota 31, ad oriente di Jamiano, difese strenutamente dalle fanterie della 61^ divisione. La lotta durò accanita e con alterna vicenda quasi l'intera giornata, ma alla sera il nemico venne completamente ributtato e le posizioni rimasero salde in nostro possesso.
Altro attacco tentato da Flondar, in direzione di Sablici, venne prontamente arrestato dal nostro fuoco prima che avesse potuto svilupparsi. Nelle varie azioni della giornata prendemmo 102 prigionieri, di cui 4 ufficiali.
Ardite incursioni compirpono ieri due nostre squadriglie aeree da bombardamento; ma, risalita la Valle dell'Adige fino alla sua confluenza con quella del torrente Noce, bombardò efficacemente impianti militari presso Mezolombardo, a nord di Trento, l'altra rinnovò la distruzione del nodo ferroviario di San Pietro sulla linea di Lubiana. Tutti i nostri velivoli ritornarono incolumi.
Generale CADORNA