29 Ottobre, 1918

Più facile al fronte che a Parigi

Quando un idealista si scontra con un materialista la partita si fa interessante. Il 29 ottobre, a Parigi, l’idealista Wilson non c’è di persona, lo rappresenta il “Colonnello” House, colonnello solo di soprannome e uomo di fiducia, arrivato di fresco dall’America per accordarsi con gli Alleati su armistizio e termini di pace. Di fronte ha un manipolo di realisti: Clemenceau e Pichon per la Francia; Lloyd George e Balfour per la Gran Bretagna; Sonnino per l’Italia, Orlando non è ancora arrivato.
I primi due punti all’ordine del giorno, come far chiedere l’armistizio a Germania e Austria-Ungheria e chi avrebbe diritto di partecipare alle riunioni, vanno via abbastanza lisci, ma quando la Conferenza interalleata arriva al sodo tutti i nodi vengono al pettine. È Lloyd George a sollevare la questione dei quattordici punti di Wilson. In pubblico l’Intesa ripete da mesi quanto siano belli e giusti, ma ci crede fino a un certo punto. La Germania ha chiesto armistizio e pace basati su quelle dichiarazioni, quindi se gli Alleati accettassero la proposta accetterebbero implicitamente quei termini. La domanda di Lloyd George è semplice: “Siamo davvero tutti d’accordo su questi principii, o pensiamo di dover chiarire o specificare qualcosa in contrario?”

 Clemenceau non usa giri di parole: «La Francia non è mai stata interpellata dal Presidente Wilson prima di quelle dichiarazioni, quindi non si sente impegnata».
Ok, ci sarà da discutere. Già al punto “due” rischia di andare tutto in malora: la Gran Bretagna rifiuta la clausola sulla libertà dei mari. Il “colonnello” House prega il Premier inglese di pensare in prospettiva, alle guerre future: «Se non fosse stato per i crimini tedeschi, nessuno al mondo avrebbe approvato la condotta del blocco britannico».
Lloyd George però non retrocede, a quelle condizioni l’armistizio è impossibile. E qui lo scambio si fa serrato, perché House gioca pesante:
«Se così fosse, il Presidente dovrebbe dire alla Germania che gli Alleati rifiutano i suoi principii».
Si intromette Clemenceau.
«State forse ipotizzando una pace separata tra gli Stati Uniti e il nemico?»
«Potrebbe darsi. Dovremmo valutare se le condizioni imposte da Francia, Italia e Gran Bretagna siano accettabili per l’America».
Nella discussione si è inserito anche Sonnino, saltato al punto nove, quello inviso all’Italia, ma lì House fa capire di vedere margini.
I leader sono d’accordo di non essere d’accordo. Anche l’ammontare di indennizzi e risarcimento sarà un problema. Prima che il discorso si areni, Balfour cerca di mettere ordine: i primi e gli ultimi punti enunciati da Wilson riguardano questioni vitali, ma non immediate. Per l’armistizio si può partire dal corpo centrale del suo documento e toccare il resto solo in seguito; Sonnino è più o meno della stessa opinione. La soluzione è una sola: Francia, Italia e Gran Bretagna devono buttare giù i loro emendamenti e poi se ne riparla. Ma sia chiaro, i 14 punti vanno considerati nella maniera più elastica possibile e interpretati secondo i desideri Alleati.
A questo punto nessuno ha più dubbi: le condizioni imposte a Germania e Austria-Ungheria saranno draconiane. Balfour, mi piace pensare per stemperare la tensione, pone la domanda migliore: «C’è la più piccola possibilità che i tedeschi accettino questi termini?»
Risponde Clemenceau: «No. Non il primo giorno. Ma in un modo o nell’altro non interromperanno i negoziati. E alla fine saranno obbligati ad accettare.»
«Allora dovremmo sconfiggerli sul campo molto più di quanto lo siano ora».
La Conferenza si aggiorna all’indomani.

Sul fronte veneto l’offensiva italiana dilaga. Le due teste di ponte si sono unite, l’esercito austro-ungarico è più vicino alla fuga che alla ritirata. L’aviazione lo colpisce senza pietà. Conegliano è libera, gli Alleati stabiliscono la prima linea tra Refrontolo, il Monticello e Fontanelle.
Sonnino aveva una sola grossa preoccupazione: dover firmare due armistizi distinti e non contemporanei, uno con Berlino e uno con Vienna. Se quello con l’Austria-Ungheria fosse arrivato prima, l’Italia avrebbe rischiato di non completare l’offensiva; se invece si fosse firmato prima con la Germania, il Ministro degli esteri temeva il ritiro degli Alleati e di trovarsi a combattere da soli contro l’Impero asburgico. Da Washington erano arrivate rassicurazioni: “Vienna non ha più neanche gli occhi per piangere, è pronta ad accettare qualsiasi condizione, anche quelle più adatte a una resa incondizionata”. Ma ora arriva la conferma dalla Vallagarina: dalle trincee austro-ungariche spunta un ufficiale con bandiera bianca, chiede di parlamentare e porta un messaggio del Generale Viktor Weber von Webenau per il Comando supremo italiano. La nostra risposta non si fa attendere: non intendiamo trattare, né concedere una tregua, ma saremmo lieti di ricevere delegati asburgici per esporgli le condizioni di armistizio.

Da Roma il Presidente del Consiglio Orlando scrive al Generale Diaz: «Credo opportuno riportare il ciclo della nostra attuale offensiva al giorno 24. […] È inutile spiegare l’importanza di retrodatare la nostra offensiva in rapporto alle notizie di un prossimo armistizio». Basta minimizzare l’azione, ora serve convincere il mondo di aver costretto Vienna alla resa.

L’Impero asburgico rincula forte anche nei Balcani: i serbi hanno raggiunto il Danubio a 60 chilometri da Belgrado e gli italiani hanno preso San Giovanni di Medua, in Albania.
Dopo la Boemia, lo Stato di sloveni, croati e serbi è il secondo a guadagnarsi l’indipendenza. Rivendica la sua sovranità anche sulla Stiria meridionale, la Bosnia Erzegovina e su alcuni territori nel mirino di Roma, come l’Istria e la Dalmazia. È la “vittoria” di Gavrilo Princip.
È una partita davvero complessa quella balcanica. In attesa di capire quanto sia fattibile una grande Jugoslavia, i serbi buttano l’occhio sul Montenegro, vorrebbero inglobarlo; i francesi concordano, gli italiani per nulla.

A Berlino cercano ancora un miracolo, ma siamo oltre la carta della disperazione. L’Ammiragliato decide di rischiare la Flotta d’Alto mare per ingaggiare la Royal Navy. Un’improbabile vittoria potrebbe cambiare il panorama. Ecco, potrebbe, perché gli uomini hanno idee diverse. A Wilhelmshaven i marinai si ammutinano. Inizia tutto nella maniera più semplice: qualcuno non torna a bordo, qualcun altro, i fuochisti, lasciano spegnere i fuochi. La stanchezza e la propaganda di estrema sinistra li ha convinti di una banalità: senza di loro non si può fare nulla, con buona pace degli ufficiali. È la prima scintilla della rivoluzione, porterà alla Repubblica di Weimar.
La marina tedesca si era preparata una vita per la grande battaglia contro quella britannica, ma la grande battaglia non ci sarà mai.

Davide Sartori

GLI AVVENIMENTI

Politica e società

  • Conferenza interalleata a Parigi.
  • L’Arciduca Joseph riceve l’incarico dall’Imperatore Carlo per l’indipendenza dell’Ungheria.
  • Zagabria: il Congresso croato ripudia la politica imperiale, dichiara abrogato il compromesso croato-ungherese e concorda l’indipendenza delle terre croate e jugoslave.
  • Proclamato lo Stato di sloveni, croati e serbi.
  • I deputati parlamentari e provinciali della Venezia Giulia e della Dalmazia inviano al Re d’Italia un telegramma di riconoscenza.
  • Wilhelm Groener rimpiazza Erich Ludendorff come vice Capo di Stato maggiore di Hindenburg.
  • Accusa di Caillaux al Senato francese.

Fronte occidentale

  • I francesi attaccano con successo un fronte di 12 km. a nord-ovest di Château-Porcien (ovest di Rethel).

 Fronte italiano

  • Le principali forze italiane e britanniche avanzano di circa 8 km. su un fronte di quasi una cinquantina. L’esercito austro-ungarico è indebolito.
  • Tutte le Armate italiane e i contingenti Alleati, dall’altopiano dei Sette Comuni al mare, avanzano vittoriosamente. Reparti di fanteria sono entrati a Conegliano. Il numero dei prigionieri dal 24 è di 53.000, i cannoni catturati parecchie centinaia, oltre a una grandissima quantità di mitragliatrici e di altro materiale.
  • Sulle trincee asburgiche della Val Lagarina è innalzata bandiera bianca per chiedere una tregua parlamentare. Un capitano di Stato Maggiore austriaco viene nelle linee italiane a portare una lettera del Generale Viktor Weber von Webenau per il Comando supremo: è la richiesta di armistizio.

Fronte meridionale

  • San Giovanni di Medua (Albania) occupata dalle truppe italiane.
  • La cavalleria serba ha raggiunto il Danubio a est di Smederevo, a una sessantina di km. da Belgrado. Gli austro-tedeschi precipitano la ritirata dinanzi all’esercito serbo, che ha raggiunto il fronte Gornji Milanovac-Topola-Smederevska Palanka.

Fronte asiatico ed egiziano

  • Continua l’inseguimento britannico dei turchi: le posizioni vengono tagliate e catturate.

Operazioni navali

  • Ammutinamenti nella flotta tedesca.

Dal fronte italiano

REGIO ESERCITO ITALIANO - COMANDO SUPREMO

BOLLETTINO DEL 29 OTTOBRE 1918

La formidabile battaglia da noi impegnata sul Piave il giorno 27 continua vittoriosamente.
Dalle pendici delle alture di Valdobbiadene alla ferrovia Treviso-Oderzo le truppe nostre ed alleate in 2 giorni di gloriosa lotta si sono saldamente impossessate della sinistra del fiume. Truppe della XII Armata hanno espugnato le alture di Valdobbiadene. Il 138° reggimento fanteria francese prese d’assalto il monte Pianar. La Piana di Sernaglia è in nostro possesso. Truppe dell’VIII Armata, conquistate le colline di Colfosco, sono entrate in Susegana. La X Armata, proseguendo nella sua avanzata, ha spinto le avanguardie sulla sinistra del Monticano. La valorosa brigata “Como” (23.a e 24.a) s’è distinta ancora una volta per il suo impareggiabile slancio. Numerosi cannoni sono stati catturati. Dei prigionieri fatti ieri solo 4000 sono potuti fluire alle località di concentramento: molti altri si trovano ancora sulla sinistra del Piave.

Dall’Astico al Brenta violente azioni d’artiglieria si alternarono con puntate di fanteria. Riparti nemici che tentavano d’attaccare Col d’Echele e Col del Rosso vennero respinti.
Nella regione del Grappa un forte attacco a Monte Pertica venne sanguinosamente ributtato.
Sulla sinistra dell’Orina le nostre fanterie occuparono il passo di Alano di Piave, catturando parecchie centinaia di prigionieri.
Kg. 20.000 d’esplosivi rovesciati con risultati efficacissimi, parecchie decine di migliaia di colpi di mitragliatrice, sparati su truppe in marcia, 11 velivoli e 6 palloni frenati abbattuti, audacissimi rifornimenti alle nostre truppe più avanzate sulla sinistra del Piave, sono indice della magnifica attività di guerra degli aerei nostri ed alleati nella giornata di ieri.

BOLLETTINO DELLA SERA - Attaccato frontalmente con grande energia dalle truppe della VIII e della XII Armata, minacciato sul fianco dalla decisa avanzata della X.a, l’avversario è stato costretto ad abbandonare le sue posizioni sulle alture della riva sinistra del Piave, e, vigorosamente incalzato dai nostri, ripiega tentando successive difese, appoggiate a interruzioni stradali. Valdobbiadene, S. Pietro di Barbozza, Farra di Soligo, Collalto, Refrontolo, Mareno di Piave e Fontanelle sono stati liberate. Nella mattinata nostri reparti, inseguendo l’avversario, che ha fatto saltare il ponte sul Monticano, sono entrati in Conegliano.
A nord, sulla destra del Piave, altre truppe, operando di conserva con quelle di riva sinistra, hanno oltrepassato, dopo vivace e brillante lotta, il torrente Calcino. Aspri combattimenti sono in corso nella regione del Grappa. E’ annunziata la cattura di altre migliaia di prigionieri. Il numero dei cannoni accertato supera i 150, di cui molti di medio e grosso calibro. Buona parte di essi è già in azione contro l’avversario.

Firmato: DIAZ

Come in una macchina del tempo, ogni giorno una nuova pagina del diario.
Le testimonianze, le immagini, i filmati negli archivi e nei giornali dell'epoca.

Sono nato a Roma nel dicembre del 1984, mi sono diplomato al liceo scientifico J.F. Kennedy e ho frequentato la facoltà di Scienze della Comunicazione all’università la Sapienza, ma non mi sono laureato.

I miei interessi? Un po’ di tutto, come molti trentaduenni. Lo sport, la politica, la Storia del ‘900. Niente di eccezionale.


Dal dicembre 2003 al marzo 2005, ho scritto per un giornale locale (Il Corriere Laziale), quindi ho fatto uno stage con una piccola televisione satellitare (Nessuno TV).
Nel 2011 la Graphofeel edizioni ha pubblicato il mio libro “Mens insana in corpore insano”, il racconto di una vacanza on the road da Roma a Capo nord.
Dall’agosto 2013 al gennaio 2014 ho ricominciato a scrivere di calcio quotidianamente, con articoli e pronostici sportivi sul sito http://www.scommessepro.com/
Da giugno 2014 racconto la Grande Guerra, giorno per giorno.

Davide Sartori