L'incognita greca e il complottismo
Il Gabinetto di guerra britannico è in trasferta a Parigi: ci sono Asquith, Grey, Lloyd George e Balfour; il 17 novembre è in programma una conferenza con le massime autorità francesi. Il primo punto all’ordine del giorno è la questione orientale: cosa fare a Gallipoli e soprattutto come comportarsi con la Grecia. Atene si ostina a non dare le garanzie richieste dagli Alleati; al contrario, più passa il tempo e più crescono i dubbi sulla sua buonafede.
La critica situazione balcanica solleva un problema non da poco: il contingente anglo-francese e le armate serbe potrebbero essere costrette a ritirarsi in territorio ellenico, ma gli Stati neutrali avrebbero l’obbligo di disarmare gli eserciti belligeranti rifugiatisi entro i propri confini. Se uno più uno facesse sempre due, la Grecia dovrebbe disarmare gli Alleati, dando una grossa mano agli Imperi centrali.
Il paradosso, la contraddizione, è palese: è stata Atene a permettere lo sbarco e il transito delle truppe anglo-francesi a Salonicco.
L’imbarazzante silenzio greco sulla questione preoccupa le diplomazie Alleate, ancora scosse dall’epilogo bulgaro.
Il megafono delle teorie complottiste sta nei particolari: perché l’esercito greco non smobilita, nonostante siano state indette le elezioni? E perché resta schierato lungo l’amico confine macedone e non su quello bulgaro?
Sembra quasi che stia aspettando la ritirata anglo-franco-serba. Del resto le simpatie tedescofile di Re Costantino non sono certo segrete.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- Il War Committee britannico è a Parigi per una conferenza anglo-francese sulla guerra: si discute degli aiuti alla Serbia e della spedizione nei Dardanelli. Approvato in linea di principio il progetto di nominare un Consiglio di guerra per coordinare l'azione degli Alleati.
- L’Army Committee del Senato francese insiste sull'uso di gas asfissianti.
- Il Governo russo dà facoltà agli israeliti di esercitare il commercio nelle regioni in cui recentemente hanno ottenuto libertà di soggiorno.
Parole d'epoca
Il sacrificio del capitano
di Luigi Raffaelli, tenente, ardito
Col di Lana (BL)
Mattinata pessima – Gelo a 15 gradi… Si aspetta il sole per partire?!
Si apprende:
Le truppe sul fronte sono stanche?! Sentite. Il Capitano di una compagnia dell’81° Fanteria al Col di Lana gli perviene l’ordine di far avanzare… ed era di quei capitani, modello di disciplina… Sa le truppe stanche non solo, ma sa che avanzandone 10 ne muore 11… Si presenta con l’ordine alla mano a’ soldati… glielo legge e serio…ma tranquillo, dice loro: “ Non temete, non vi farò avanzare. Il cambio non ce lo danno ed il vostro capitano veglia su voi …avanza per voi”
Ciò detto esce fuori dalla Trincea, fa alcuni passi verso la trincea nemica e con mani in croce ivi si ferma. Il nemico al secondo colpo lo atterra… un sottotenente ciò vedendo, corre anche lui per prenderne il cadavere e ivi pure lui muore…
Con questo strattagemma, la compagnia restando senza superiore, non può avanzare, e ciò è l’ordine rimandato al comando di battaglione il quale per niente turbato invia altri ufficiali acciocchè si avanzi… ma l’avanzata non venne fatta, anzi la compagnia ebbe il cambio.
Il 17 novembre 1915 Luigi Raffaelli registra sul suo diario un episodio che non ha vissuto in prima persona, ma che con ogni probabilità sta passando di bocca in bocca tra i soldati che occupano il tratto di fronte del Col di Lana, sulle Dolomiti.
Un capitano dell’81° fanteria brigata Torino, seguito da un sottotenente, compie un sacrificio estremo per risparmiare ai suoi uomini una morte certa. Raffaelli non cita i nomi dei protagonisti della vicenda, sfogliando i resoconti reggimentali si può ipotizzare che si tratti del capitano Modestino Di Raddo, nato a San Pietro Infine in provincia di Caserta, e del sottotenente Gaetano Marzachi, di Messina. Entrambi risultano caduti sul campo il 10 novembre 1915, una settimana prima che Raffaelli appunti l’avvenimento sul diario, sul crinale del Monte Sief che si congiunge al Col di Lana.
Si ringrazia il Gruppo L'Espresso e l'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano
DAL FRONTE
Lungo tutta la fronte grande attività di artiglieria. Quella nemica non mira solo a vulnerare le nostre difese, ma sopratutto a distruggere sistematicamente i paesi da noi conquistati, anche se non sieno effettivamente presidiati dalle nostre truppe. Così il giorno 14 furono bersagliati con proiettili da 305 i villaggi di Locca e di Bezzecca in valle di Concei. Ieri poi le batterie nemiche si accanirono contro le già fiorenti borgate, di Mossa e di Lucinico, nella pianura dell' Isonzo, ridotte ora in fumanti rovine.
Sulle alture a nord-ovest di Gorizia le nostre fanterie espugnarono nel vallone dell'Acqua un forte trinceramento.
Vi trovarono mucchi di cadaveri nemici ed abbondante materiale da guerra.
Sul Carso, nella zona del Monte San Michele, durante la notte sul 16 e nel mattino successivo il nemico rinnovò gli attacchi contro le posizioni da noi recentemente conquistate. Fu costantemente respinto e lasciò nelle nostre mani due mitragliatrici e 60 prigionieri, fra cui un ufficiale.
Velivoli nemici gettarono ieri bombe su Ala. Non vi fu alcuna vittima. Nessun danno.
Firmato: CADORNA