I PERSONAGGI DELLA GRANDE GUERRA
George Patton
Se cercaste la parola “arrogante” sull’enciclopedia potreste anche trovare la sua foto. Lui viene dalla California, è nato a due passi da Los Angeles e lì c’è qualcosa di diverso nell’aria, lo “star system” ce l’hai nel sangue, anche se il cinema ancora non esiste. A proposito, il nostro protagonista è del 1885, Hollywood, inteso come quartiere, è dell’86; sono coetanei.
La sua è una famiglia di militari e quel ragazzino tutto pepe decide subito cosa fare da grande: sarà un eroe.
Signore e signori, vi presento mister George Smith Patton, il futuro “Generale d’acciaio”.
E’ un competitivo. Lui deve competere. Partecipa alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912 e si classifica quinto nel pentathlon; sbaglia la prova di tiro, ma già qui fioccano leggende.
E’ determinato, è testardo, è impulsivo, qualità portate in spalla per tutta la vita. caratterialmente resta un bambino in cerca di attenzione. Sì, però è un genio. Patton sarà una delle più brillanti menti militari del XX secolo. E aggiungerei di sempre.
Non diteglielo, perché tanto non sarebbe d’accordo. Con la sua sconfinata arroganza si considera il miglior stratega di tutti i tempi. Come fa a dirlo? Semplice: crede nella reincarnazione e afferma di aver servito sotto Cesare, Gengis Khan, Napoleone e tanti altri; è convinto di aver partecipato a tutte le più importanti battaglie dell’umanità e di aver appreso ogni tattica, ogni strategia. Lui ve le racconta, se le ricorda quelle battaglie.
Nel marzo del 1916 un contingente di truppe statunitensi varca il confine messicano: si è aperta la caccia a José Doroteo Arango Arámbula. Se questo nome non vi dice nulla tranquilli, forse vi sarà familiare lo pseudonimo: Francisco “Pancho” Villa.
Il rivoluzionario messicano per antonomasia è ai ferri corti con il suo Governo. E con chiunque lo appoggi, leggasi Washington. La sua ultima trovata è stata un raid su Columbus, New Mexico. Il Presidente Wilson, furioso, ha inviato l’esercito sulle sue tracce. E guai a chi dovesse protestare.
A guidare la spedizione statunitense è John “Black Jack” Pershing, un pezzo da novanta. Con lui c’è anche George Patton, all’epoca tenente.
Qui scatta il colpo di fulmine: in Messico osserva l’azione di una mitragliatrice montata su un’automobile. Impazzisce. L’amore sboccerà a Cambrai, nel settembre del 1917, quando vedrà all’opera i primi carri armati. Da quel momento in poi i mezzi corazzati diventano quasi una religione.
Uno così può non essere “personaggio”? E’ ovviamente eccentrico, molto eccentrico. Gira con un cinturone da pistolero e non si separa mai dal suo revolver Colt, calcio in avorio. E’ un cowboy adorato dai propri soldati, lo venerano, si abbeverano dalla sua invincibilità; e lui li guida, sempre in prima linea.
Con la seconda guerra mondiale compirà il suo destino e si guadagnerà l’immortalità.