26 Settembre, 1915

Fuoco e fiamme in Artois e Champagne

Via un Murray, sotto un altro. Le “dimissioni”, più o meno forzate, del Capo di Stato Maggiore britannico lasciano un buco nella catena di comando. Il posto di James “la pecora” Murray, viene preso da un suo omonimo: Sir Archibald. Dev’esserci una maledizione su quella poltrona, perché anche questa non sarà una scelta fortunata. Sir Archibald Murray ha già patito un sospetto “crollo psico-fisico” durante la ritirata da Mons dell’anno prima; al vertice della piramide durerà appena tre mesi. Per gli inglesi faranno quattro Capi di Stato maggiore in un anno e mezzo di conflitto. Vivissimi complimenti.
Sul fronte occidentale i britannici devono difendersi attorno a Loos, i contrattacchi tedeschi sono violenti, ma infruttuosi. Va bene anche ai francesi in Champagne, dove vengono catturati circa 16.000 prigionieri.
Sul fronte orientale continua l’abbozzata reazione russa: Lutsk è riconquistata, gli austro-tedeschi vengono respinti sia a sud di Pinsk, sia a Wilejka.

Il 26 settembre non accenna a sbrogliarsi la questione balcanica. Radoslavov, Premier bulgaro, rassicura Atene: Sofia non ha intenzione di attaccare la Grecia. La prossima a esigere chiarimenti è la Romania.

Davide Sartori

 

GLI AVVENIMENTI

Politica e società

  • Il Premier bulgaro assicura che non ha intenzione di attaccare la Grecia.
  • Viene riferita l’espulsione di tutti i greci da Smyrne.
  • La Romania desidera chiarimenti dalla Bulgaria.
  • Nel teatro di San Carlo a Napoli il Ministro Barzilai pronuncia un discorso sulla premeditazione tedesca, sulla necessità della guerra e sulla situazione nell'Adriatico e nel Mediterraneo.
  • Il Luogotenente-Generale Sir A.J. Murray nominato Capo di Stato maggiore britannico.

Fronte occidentale

  • I britannici si difendono duramente dai contrattacchi attorno Loos e prenderanno 2.600 prigionieri e nove pezzi d’artiglieria.
  • In Champagne i francesi occupano la prima linea tedesca, nel settore di Auberive, con circa 16.000 prigionieri; meno fortunato è l'esito in Artois, per la salda resistenza tedesca.

Fronte orientale

  • Continuano i combattimenti attorno a Dvinsk (Daugavpils).

  • I russi contrattaccano su tutto il fronte: Lutsk è presa con circa 6.000 prigionieri e 8 cannoni; i tedeschi vengono respinti a sud di Pinsk e, più a nord, a Wilejka.

Parole d'epoca

Salvatore Barzilai

discorso tenuto al Teatro di San Carlo di Napoli, il 26 settembre 1915

L'invito che l'iniziativa del Circolo degli artisti, le personificazioni più elette della vita pubblica napoletana hanno creduto rivolgermi, questa meravigiosa adunata di uomini di ogni fede, di ogni parte, di ogni ceto, forza e decoro della Città del Mezzogiorno, della Nazione, il consenso di così cospicua schiera di parlamentari, di Giuseppe Marcora tra essi, che, capitano aggragato nel 1860 alla brigata lucanam rappresenta lo spirito unitario della vigilia, la presenza di cari colleghi illustri del Gabinetto, del Capo illustre del Governo d'Italia, tanta concordia di pensiero e di sentimento, oh! di quanto soverchiano la mia persona! [...]

La guerra fu e l'Italia, che malgrado non oscurabili gesta eroiche nel giudizio della coscienza europea, parve si fosse fatta solo perché altri avevano tollerato che si facesse, l'Italia che aveva acquistato la Lombardia con generoso sangue non separato da patteggiamenti e

rinunce, la Venezia per le altrui vittorie, Roma per le altrui sventure, intese quale suggestione demoralizzatrice e dissolvitrice avrebbe esercitato l'elargizione imperiale di poche strisce di territorio che non davano né conforto né sicurezza. E sentì la necessità allora e la forza di iniziare la sua vera gesta nazionale, l'ultimo, fortunato cimento della sua storia. Apparve il quadro della guerra quale nel 1866 avevano invano invocato i precursori: guerra per conquistare terre e frontiere, ma anche anima, missione, battesimo e iniziativa in Europa, che valesse a riscattare colpe ed errori del passato, che, per iniziativa di popolo, senza aiuti stranieri nel territorio, con la cooperazione di esercito e di volontari, ci facesse vincere per noi e per le generazioni venture. 

Con la Francia che ci ha trovati, nell'ora del pericolo, fedeli alla tradizione migliore del comune passato, che è oggi con noi in solidarietà salda e sincera d'intenti e di opere e che da al mondo tale spettacolo magnifico di vigore, di compattezza, di resistenza, che non può non avere il premio della finale vittoria. Con la Russia, che ci fu amica quando più l'Austria contro di noi maturava le insidie - e con lei contro di noi cercava di stringere patti segreti - e si rigenera oggi combattendo per prepararsi, con un'immensa forza morale messa a presidio delle armi rinnovate, ad una riscossa, e intanto agli smodati inni degli invasori può ricordare il corso dei mesti pensieri che le nevi di Mosca risvegliarono a Napoleone a Sant' Elena. 
Con l'Inghilterra, l'amicizia verso la quale l'Italia ritenne spesso un dogma religioso più ancora che un canone politico, che una notevole opera ha compiuto in questa guerra, ed alla quale uno dei più geniali fra i suoi statisti, Lloyd George, uno anche più vasto ne assegna, che nel rigoglio delle sue forze e con ogni forma di sacrificio essa saprà fortemente adempiere per la causa comune. Col Belgio eroico ed infelice, a cui vanno sentimenti di ammirazione, propositi di solidarietà, voti di rapida riparazione della più trista impresa di questa barbara infamia di secolo. Con gli Alleati, verso la meta comune. Contro Austria, contro Turchia, prigioniere e pupille dello stesso alleato. Contro entrambe, in corrispondenza alla constatazione storica che sono due anomalie di governo, ugualmente appoggiate a due amministrazioni e a due eserciti per sovrapporsi a popolazioni straniere fra loro di razza, di lingua, di aspirazioni: e oggi, massacrando l'una donne e fanciulli, colpendo l'altra prigionieri e feriti, cercando entrambe sopraffare il nemico col veneficio, colla soffocazione, coi proiettili dilaceranti mostrano di accogliere metodi di guerra in tutto conformi alle loro origini storiche ed alla bontà della loro causa.

Decideranno le forme ulteriori della nostra ostilità contro l'impero ottomano, le vicende della guerra alla quale partecipiamo con la totalità delle nostre forze, ma con piena libertà del loro punto di applicazione. Occorreva intanto liberarci da ogni solidarietà politica e diplomatica con la violatrice dei patti, protetta dagli Stati centrali contro di noi nella guerra di Libia, oggi associata all'assedio posto da loro ai Balcani. E nei riguardi di questi - mentre si profilano oscure minacce - è lecito affermare che le proposte dell'Intesa, miranti a correggere radicalmente le ingiustizie del trattato di Bucarest, così da porgere soddisfazione larghissima alle aspirazioni nazionali della Bulgaria, e offrire per il loro concorso di sacrifici equo e serio garantito compenso a Serbia, Grecia e Romania, nel guadagnare nuove solidarietà per la guerra, raggiungerebbero - dobbiamo ormai dire avrebbero raggiunto - anche lo scopo alto e civile di assicurare, nella concordia ristabilita, libertà e indipendenza a quelle nazioni. 
Riflettano i loro uomini responsabili, giudicando dalla storia antica e recente quali obbiettivi persegua l'opposto aggruppamento europeo, e quale sorte sarebbe loro in definitiva riservata se nel grande conflitto dovesse avere il sopravvento. E la nostra guerra getta giorno per giorno fasci di luce sulla realtà, così da dare quasi talora all'Italia la sensazione del risvegliarsi da un viaggio inconsciamente compiuto nel sonno, sul margine di un abisso. 
Ma la costatazione delle insidie naturali che si aspettavano e di quelle che l'Austria aveva apparecchiato con tanta larghezza, a confermare proprio come un solo e vero ideale bellico essa coltivasse - la guerra contro di noi - ad un'altra magnifica rivelazione nell'ora stessa si accompagnava.

Il Re aveva scritto nel suo ordine del giorno all'Esercito e all'armata: "Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti preparativi e dell'arte della guerra, opporrà tenace resistenza, ma il vostro indomito slancio saprà superarla".

In mare e in terra si delineava la lotta così da rispondere ai felini istinti di quel nemico ben più che alla balda, aperta, generosa capacità d'attacco dei nostri. In mare la lotta d'insidie del sommergibile, in terra quella d'agguato della trincea. Ma noi, ciò malgrado, trovammo una flotta che, nell'attesa d'invidiati, aperti cimenti, compie, quasi ignorata, un altissimo ufficio. Essa riesce a sopprimere ogni traffico austriaco nell'Adriatico, come l'Inghilterra intercetta i traffici della Germania. E deve tenersi paga di quest'ufficio comprimendo impulsi generosi, frenando ardimenti che ben si affermeranno nel giorno in cui l'Austria, se oserà ribellarsi alla soggezione impostale, abbandonerà i suoi rifugi. Dieci anni or sono, l'ammiraglio austriaco Montecuccoli, in un suo proclama, pubblicato in occasione d'esercitazioni navali, assegnava alla flotta austriaca questo compito: "non solo deve essa difenderci, ma scovare e distruggere il nemico in Adriatico".

Dei propositi così audacemente manifestati, nel pieno vigore dell'alleanza, quale uso fa il suo successore, mentre non volge più stagione di manovre, ma ora di guerra? Si trattava di scovare, ammiraglio Hans, il nemico che vi aspetta per ricordarvi il berretto di Tegethoff levato dinnanzi all'eroismo di Faà di Bruno e di Alfredo Cappellini, non di dare la caccia a donne e a fanciulli nelle città marinare e indifese. 
La guerra ci rivelò un esercito guidato da tali capi supremi, quali si augurava Garibaldi dopo Lissa e Custoza, perché volassero a distruggere la baldanza che quelle sventure dovevano dare al nemico. Alla prima solenne prova dell'Italia occorrerà - scriveva il Grande nelle sue "Memorie" - "un Fabio che sappia temporeggiare: verrà poi Zama e uno Scipione, che, senza chiedere il numero dei nemici, li cerca e li mette in rotta".

Forse avanzando la profezia troverà l'Italia negli stessi uomini l'ardimento di Scipione e la prudenza di Fabio. Oggi, senza concessione ad alcun anche più nobile sentimento, ad alcuna impazienza e irrequietudine, essi alla più grande energia associano, per la fortuna d'Italia, la più severa meditazione. Al loro comando contro un nemico agguerrito, rotto a tutte le insidie, pronto a tutte le slealtà, saturo di odio, disciplinato dal terrore, sorsero a scrivere pagine degne di Omero militi che sanno tutti gli entusiasmi, tutte le abnegazioni, tutte le resistenze, le virtù eroiche, le virtù semplici che dalle aspre ferite traggono incitamento a nuove battaglie e la morte sfidano, disprezzano, affrontano lieti e non si arrendono mai. Uomini di ogni classe, di ogni regione, di ogni fede, borghesia che si diceva infrollita, proletario che si affermava traviato, nobiltà che pareva inconscia, Italia che, come Assuero nel deserto, andava in cerca di una fede, fusa nel bronzo contro la quale si fonderà ogni ira nemica, in una grande unità di anime, consacrata dal sacrificio. 
Questi eroi che non appartengono ad uno Stato di tradizioni militari, che forse ignoravano quali giustizie il loro braccio dovesse compiere, quali offese rivendicare, ebbero, si direbbe per influenza atavica, la rivelazione improvvisa della storia che incombeva sulla stirpe e nessuna disciplina diplomatica o educazione materialistica valeva a cancellare, e, con le native energie ingigantite, lottarono così da piegare il nemico al terrore ed all'omaggio. E tra quei combattenti che io vidi all'opera, stretti a tutti i fratelli d'Italia, sul Carso a Montefortino, a Boscocappuccio, a San Michele, i soldati del Mezzogiorno, di Napoli, saldi, eroici, meravigliosi ...."

Dopo quattro mesi di guerra noi possiamo segnalare risultati che mutano profondamente i primi presupposti della iniqua situazione geografica e strategica, che li capovolgono quasi. Nessun palmo di territorio nostro abbandonato, come era stata preoccupazione giusta ed assidua di strateghi, di uomini di Stato, di cittadini. Fu portata invece la guerra sul suolo strappato al nemico. Per virtù dei soldati d'Italia la spina acuta del Trentino è spuntata...; e l'alto dorsale della frontiera di Carnia è tenuto con tenacia di ferro; e nella regione dell'Isonzo, la mal segnata frontiera ovunque valicata...; ed oltre Isonzo, da Gradisca al mare,... il valore dei figli d'Italia intacca e corrode lento, ma tenace e costante, le fortissime ulteriori difese nemiche. Tale sintesi -. controllata e sicura - dei primi aurei capitoli della nostra azione di guerra, non arriverà alle popolazioni dell'Austria, sommesse a perpetuo inganno dal loro governo, ma dirà a tutti gli uomini di buona fede d'Italia e d'Europa il risultato grandissimo dei sacrifici compiuti .... Certo ben altri e maggiori sacrifici - ne deve esser conscio il Paese - occorreranno per raggiungere la meta sempre ardua e lontana. Ma saranno infallibilmente compiuti. Lo spettacolo che danno i belligeranti stranieri, alleati e nemici, non può andare perduto e alla meravigliosa macchina di guerra, che fa le sue memorande prove ai confini, in nessun momento mancherà la forza motrice che deve darle l'anima della Nazione".

L'immagine risvegliata dalla frase"teatro di guerra" non fa credere agli italiani di esser divisi in due schiere: spettatori ed attori. Non spettatori, ma attori e cooperatori tutti e non con il superfluo ma con la parte più viva delle proprie energie, con la sicura coscienza che si combatte oggi sull'Isonzo, sul Carso, dallo Stelvio alla Carnia, per l'esistenza di tutti e di ciascuno, per tutto il nostro avvenire, per un grande avvenire europeo di libertà e di giustizia. Non recriminazione che richieda ad alcuno se favorì od avversò la guerra, quando, dinnanzi all'imponente quesito, erano pur possibili l'esitazione ed il dubbio; oggi che la guerra si combatte per volere di popolo e concorso di Principe, salda concordia di tutti, auspice la stampa di ogni partito, perché tutti, liberali di ogni grado, cattolici, socialisti di ogni tendenza, repubblicani di ogni scuola, solo perché italiani, diano senza posa alla guerra della Nazione la stessa solidarietà e la stessa fede. Questa solidarietà ha un solo contrapposto possibile: la diserzione davanti al nemico, degna della degradazione civile che il popolo, il quale ha intatte le concezioni della grande causa e tutte le risorse preziose delle sue vergini e fresche energie, delle sue idealità mai guaste dal calcolo, saprebbe imporre.

Di paci come quelle di Villafranca e di Vienna, l'Italia ha portato troppo a lungo nelle sue carni dolorose le tracce, perché possano rinnovarsi oggi che ferirebbero irrimediabilmente per sempre il programma, il nome, l'anima della Nazione. E al sentimento di solidarietà intera, di compartecipazione ad ogni rischio, di completa disposizione ad ogni sacrificio, deve soccorrere la disciplina che dal sentimento tragga il maggior rendimento, così da togliere dall'anima dei combattenti la preoccupazione più acuta, quella delle donne e dei figli lasciati alla cura della Nazione, da alleviare ai militi i disagi del cimento, da prestare in ogni ora allo Stato forza capace di sostenere fino all'ultimo il compito assunto; allo Stato, perché con la sua salvezza e la sua grandezza, all'infuori di ogni minore di tanto superata controversia di gruppi, di particolari programmi, si confonde il Governo, qualunque esso sia, che abbia il mandato, sempre ben revocabile, quando impari esso vi si riveli, di tutelare le sue fortune. Imposte per tener alto il credito, rafforzando il bilancio, le quali, per quanto è dato, non pesino là dove è minima la resistenza; e presso alle imposte, economie anche spietate, private e pubbliche, purché non tali da arrestare le energie produttrici e le giustizie integratrici, che al bilancio della guerra, che è oggi il bilancio massimo della civiltà, lascino la più larga parte dei redditi pubblici, e ai bilanci privati il maggior margine per la cooperazione civile.

In quattordici mesi, per il rinnovo militare fu compiuta in Italia un'opera che la storia registrerà con ammirazione e stupefazione - ma continue, crescenti sono le urgenze cui conviene dar ascolto perché allo sforzo consegua l'altissimo risultato. E Napoli che, sollevandosi dalla maledizione centenaria di un dominio di oppressione e di corruttela, ha vinto difficoltà senza numero,... in questa guerra che nelle città si prepara e si alimenta perché si svolga sul fronte, sarà all'avanguardia. E se i suoi cittadini, come tutti i cittadini della rinata Italia, sapranno, in presenza alle difficoltà, alle privazioni, agli inciampi che solleva lo stato di guerra contro la tranquillità, la prosperità, le comodità, le libertà dei giorni sereni, trovare in se stessi una scintilla dell'anima dei loro fratelli, che, superando balze ciclopiche, sfidando il terrore degli abissi, affrontano i mezzi più iniqui di guerra, sorridono, cantano, credono e lottano, se tutti combatteranno, con arme diversa e uguale abnegazione, la stessa battaglia, la vittoria sarà delle nostre bandiere!

DAL FRONTE

Continuano i combattimenti nella zona del Cevedale, ove il nemico, ricevuti rinforzi anche di artiglieria, tentò il giorno 24 un colpo di mano contro la nostra occupazione di capanna Cedeli.
Accorsero prontamente nostre truppe dall' alta Valtellina e la colonna nemica fu contrattaccata e respinta.
In Carnia nella giornata del 23, dopo l' intensa azione di fuoco d' artiglieria contro tutto il nostro fronte dal Pal Piccolo al Pizzo Avostanis, il nemico accennò a tre successivi attacchi che vennero ogni volta respinti.
La nostra artiglieria eseguì tiri aggiustati sulla stazione ferroviaria di Tarvis.
Furono visti grandi incendi.
Sul Carso la situazione è immutata.

 

Firmato: CADORNA

Come in una macchina del tempo, ogni giorno una nuova pagina del diario.
Le testimonianze, le immagini, i filmati negli archivi e nei giornali dell'epoca.

Sono nato a Roma nel dicembre del 1984, mi sono diplomato al liceo scientifico J.F. Kennedy e ho frequentato la facoltà di Scienze della Comunicazione all’università la Sapienza, ma non mi sono laureato.

I miei interessi? Un po’ di tutto, come molti trentaduenni. Lo sport, la politica, la Storia del ‘900. Niente di eccezionale.


Dal dicembre 2003 al marzo 2005, ho scritto per un giornale locale (Il Corriere Laziale), quindi ho fatto uno stage con una piccola televisione satellitare (Nessuno TV).
Nel 2011 la Graphofeel edizioni ha pubblicato il mio libro “Mens insana in corpore insano”, il racconto di una vacanza on the road da Roma a Capo nord.
Dall’agosto 2013 al gennaio 2014 ho ricominciato a scrivere di calcio quotidianamente, con articoli e pronostici sportivi sul sito http://www.scommessepro.com/
Da giugno 2014 racconto la Grande Guerra, giorno per giorno.

Davide Sartori