Carlo d’Asburgo studia la pace
Siamo al giorno mille dall’assassinio di Sarajevo. Mille son tanti. La stanchezza, la preoccupazione e l’impazienza sono comuni a tutti i belligeranti; la determinazione un po’ meno. La prima a dare evidenti segni di cedimento è stata la Russia e l’ha fatto in maniera piuttosto visibile. Un altro impero col “fiatone” è quello asburgico. Le divisioni interne promettono fratture: l’ultima sessione della Camera austriaca si è tenuta più o meno nel pleistocene e con l’Ungheria non si è mai allentato il costante “tira e molla” per una presunta supremazia. A Budapest l’opposizione è sempre più aggressiva e il Premier Tisza è da tempo considerato “politicamente morto”; a Vienna il problema neanche si pone, il Governo di fatto non ha interlocutori. La guerra sta accelerando il processo di disgregazione dell’anacronistico gigante austro-ungarico.
L’Imperatore Carlo se n’è accorto e valuta con attenzione l’opportunità di riaprire negoziati di pace, magari segreti, anche senza il consenso della prepotente onnipresenza tedesca. L’idea è di dialogare con Francia, poi l’Inghilterra e mettere l’Italia davanti al fatto compiuto. Come "exit strategy" non sarebbe male, vale la pena rifletterci su.
Nelle capitali dell’Intesa è tempo di endorsement al nuovo Governo di Pietrogrado. I messaggi di auguri sono tutti più o meno uguali: “Siamo felici che il popolo russo abbia ottenuto la libertà. Era ora”. Devo dire non molto delicato nei confronti del vecchio Zar, a malapena salutato e già buttato nel cassonetto.
L’attuale situazione obbliga a riconsiderare il fronte orientale: a conti fatti le truppe tedesche tra Riga e Dvinsk potrebbero rappresentare una seria minaccia anche per Pietrogrado. Berlino sembra però non voler cogliere l’opportunità, focalizzando tutta l’attenzione sul fronte occidentale: il 23 marzo le vallate dell’Oise e La Fère vengono inondate per rallentare le operazioni Alleate.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- Discorso di Turati alla Camera, che approva di inviare un indirizzo di saluto e di simpatia alla nuova Russia.
- Lord Devonport interviene sul consumo di cibo.
- Telegramma di Lloyd George al Primo Ministro russo.
Fronte occidentale
- Alcuni scontri sul fronte britannico fra Arras e la strada di Bapaume-Cambrai.
- I francesi hanno successo ad Artemps (sud di Saint-Quentin).
- Tedeschi respinti a Seraucourt-le-Grand.
- Le vallate dell’Oise e La Fère inondate dai tedeschi.
- Un nuovo distaccamento Alleato attraversa l’Ailette; progressi a nord di Soissons.
Fronte orientale
- Le truppe tedesche fra Riga e Dvinsk (Daugavpils) minacciano Pietrogrado.
Fronte meridionale
- Fronte rumeno: i russi perdono le trincee a ovest di Moinești (fiume Trotuș).
- Idrovolanti tedeschi bombardano Moudros.
Parole d'epoca
Vita a Hudi Log, Carso
di Annibale Calderale, militare
La nostra posizione Hudi Log era formata da una striscia di forma trapezioidale larga circa 100 metri incuneata fra lunga 300 metri , le linee nemiche, esposte anche al fuoco alle spalle. Di giorno non si nota nulla di anormale, la sera invece si nota chiaramente la precarietà della nostra situazione, quando gli austriaci tirano i razzi alle nostre spalle. Se gli austriaci dovessero strozzare la nostra base, rimarremo tutti in trappola. Tutti i giorni che siamo stati in 1° linea non abbiamo avuto un momento di pace, di tranquillità le artiglierie e tutte le altre armi sono state continuamente in azione tranne brevi momenti di sosta: Siamo stati sempre in 1° linea a faccia a faccia con nemico, che in certi punti era a due o tre metri da noi; sempre lottando con la morte, che falciava largamente. Tanti giovine vite: qualche volta ho avuto la fortuna di riposarmi in una galleria, appena sotto la linea, ma era un altro patimento anche se era una fortuna poter stare al riparo dalla morte i vestiti pesanti.
Vestiti pesante come si era, tutti armati (1 pistola, un pugnale facoltative 3 spigoli-munizioni -) maschera antigas, tascapane con bombe e tutti gli altri accessori, ammassati uno addosso all’altro, mancava l’aria era un patimento indescrivibile. Qualche volta, non potendone più sentendomi soffocare , pensavo di uscire dalla galleria all’aperto, ma fuori c’era la morte in agguato, ed io rinunziavo. Tra tutto pieno di pidocchi, ed anche questi insetti, mi davano il loro fastidio.
C’erano pure tanti topi (Zoccole) starei per dire addomesticati che passavano e ripassavano su di noi , si diceva che non toccavano il formaggio e si cibavano di cadaveri. Il vitto arrivava tutti i giorni dalle ore 22 alle 24. Nei giorni che non perveniva, voleva dire che la colonna porta viveri era stata colpita, nel tratto retrovia 1° linea. Il rancio consisteva in una razione di pasta di brodo cotto verso le ore 16, ma che arrivava caldo in marmitte ermeticamente chiuse, in un pezzo di carne lessa che arrivava in sacchi, una pagnotta di pane, una tazza di caffè anche caldo, certe volte qualche pezzo di formaggio ed un poco di vino il tutto solo una volta al giorno , di tanto in tanto distribuivano qualche sigaro e poche sigarette. Mi avanzava quasi sempre qualche razione di viveri (dei bersaglieri partiti per la licenza, feriti trasferiti all’ospedale, deceduti) L’acqua consisteva in una razione di mezzo litro al giorno, nelle cassette d’acqua da servire per la refrigerazione delle canne delle mitragliatrici, una volta non fu trovata una goccia d’acqua era stata tutta bevuta, per evitare altre sorprese del genere si dovette aggiungere petrolio all’acqua suddetta Durante il turno di trincea non mi sono mai lavato per insufficienza di acqua, mai sbarbato, sono con la divisa a brandelli, sono stanco avvilito agitato ho bisogno di calma assoluta, di tranquillità per riprendermi.
Si ringrazia il Gruppo L'Espresso e l'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano
DAL FRONTE ITALIANO
Nella giornata del 22 azioni di artiglieria, più intense nell' Alto Vanoi, nella valle del Travignolo e sulla fronte Giulia. L' attività dei nostri nuclei provocò piccoli scontri sulle pendici di Dosso Casina (a sud della depressione di Loppio), in valle Visdende (Piave) e sul Carso. Prendemmo qualche prigioniero.
Firmato: CADORNA