Un vero e proprio armageddon
Gran Bretagna, Russia e Francia vengono informate sull’ultimatum austro-ungarico. Venerdì 24 luglio è una giornata convulsa; la prima di tante.
Herbert Henry Asquith, Primo Ministro inglese, è pessimista. Si aspetta una guerra tra Austria-Ungheria e Germania da un lato, Russia e Francia dall’altro. Scrive a un amico e definisce il probabile conflitto come un «vero e proprio armageddon». La sua speranza è che la Gran Bretagna riesca a starne fuori.
Sir Edward Grey propone una conferenza internazionale. Vuole mediare tra le Potenze rivali e scongiurare la guerra. Churchill intanto manda un avviso alla flotta britannica; non è un allarme generale, piuttosto uno “state pronti”.
A Londra, Parigi e San Pietroburgo è arrivata anche una nota tedesca: per Berlino l’eventuale conflitto deve restare localizzato. Difficile, per non dire utopico.
Lo fa capire a Guglielmo II il suo Ambasciatore a Londra. Ha parlato con Grey. Per il Ministro degli esteri britannico la Russia non può consigliare alla Serbia di “accettare senza riserve”. Non quelle richieste.
Sarebbe la fine dell’influenza zarista nella regione. Nel telegramma c’è una frase significativa: «Se uno Stato accettasse quei termini, cesserebbe di essere uno Stato indipendente».
Il commento del Kaiser è inequivocabile: «La Serbia non è uno Stato nel senso europeo della parola. È un covo di briganti». Pacato, come suo solito.
Sir Edward Grey ha visto giusto. La Russia non può far finta di nulla. San Pietroburgo cerca di guadagnare tempo; incassa il sostegno francese e chiede a Vienna di prorogare i termini dell’ultimatum.
Sazonov non può permettere all’Austria-Ungheria di trasformare la Serbia in una sorta di protettorato. Il prestigio della Russia crollerebbe. In caso, sarà «una guerra europea».
Anche l’Italia cerca una via pacifica. Troppi gli interessi nei Balcani per rischiare un conflitto.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- Austria-Ungheria e Germania portano a conoscenza dei Governi dell'Intesa (Gran Bretagna, Russia e Francia) l’ultimatum asburgico alla Serbia, giustificandone il tenore.
- Il Governo austro-ungarico ufficiosamente annuncia che il Ministro austro-ungarico a Belgrado ha ordine di abbandonare la città col personale diplomatico, qualora, allo scadere dell’ultimatum, la Serbia non dichiari di accogliere, senza alcuna riserva, tutte le richieste della nota.
- Il conte Tisza, Primo Ministro ungherese, dichiara alla Camera, che, dato il contenuto delle richieste fatte alla Serbia, esse non possono essere oggetto di lunghe trattative.
- Informato dei termini dell'ultimatum austriaco, Sazonov, Ministro degli esteri russo, dichiara: "E’ una guerra europea”.
- Il Consiglio dei Ministri russo delibera di richiedere all'Austria-Ungheria di prolungare il termine dell’ultimatum e di non impegnarsi in ostilità; inoltre consiglia la Serbia di non opporsi a una eventuale invasione austriaca e chiede allo Zar di autorizzare la mobilitazione parziale lungo il confine con l'Austria.
- Il Governo belga dichiara che, in caso di guerra, il Belgio rimarrà neutrale.
- Churchill, primo Lord dell’Ammiragliato e Ministro delle munizioni, invia un primo avviso alla flotta inglese, ma non è ancora un allarme generale.
- Il Ministro degli esteri britannico Grey propone una conferenza internazionale, al fine di evitare la guerra.
- Anche Paul Cambon, Ambasciatore francese a Londra, propone una conferenza internazionale e annuncia che la Francia sarà a fianco della Russia nel caso di una guerra contro l’Austria-Ungheria.
- A Roma il Governo italiano mantiene una posizione conciliante nei confronti della crisi balcanica.
- Il Primo ministro serbo Pašić rientra a Belgrado.
- In Serbia il reggente principe Alessandro si appella allo Zar, mentre cresce il movimento rivoluzionario a San Pietroburgo.
- Fallisce la Conferenza sull’Home Rule irlandese.
Parole d'epoca
Alessandro I
Principe reggente serbo
Telegramma allo Zar Nicola II
THE Austro-Hungarian Government yesterday evening presented to the Servian Government a note respecting the outrage at Serajevo. Servia, aware of her international obligations, has declared, ever since the horrible crime was committed, that she condemned it, and that she was ready to open an enquiry in Servia if the complicity of certain of her subjects were proved at the trial instituted by the Austro-Hungarian authorities.
The demands contained in the Austro-Hungarian note are, however; unnecessarily humiliating for Servia, and incompatible with her dignity as an independent State. for instance, we are peremptorily called upon to insert a declaration by the Government in the "Official Journal," and for an order from the Sovereign to the army, in which we are to check the spirit of hostility towards Austria and to blame ourselves for criminal weakness as regards our treacherous intrigues.
We are further required to admit Austro-Hungarian officials into Servia to take part with our officials at the trial and to superintend the carrying out of the other conditions laid down in the note. We are required to accept these demands in their entirety within forty-eight hours, failing which the Austro-Hungarian Legation will leave Belgrade.
We are prepared to accept those of the AustroHungarian conditions which are compatible with the position of an independent State, as well as those to which your Majesty may advise us to agree, and all those persons whose complicity in the crime may be proved will be severely punished by us.
Certain of the demands could not be carried out without changes in our legislation, which would need time.
We have been allowed too short a time limit.
We may be attacked at the expiration of the time limit by the Austro-Hungarian army which is concentrating upon our frontier.
We are unable to defend ourselves and we beg your Majesty to come to our aid as soon as possible.
The much appreciated goodwill which your Majesty has so often shown towards us inspires us with the firm belief that once again our appeal to your noble Slav heart will not pass unheeded.