L'Europa sonnecchia
Il Governo austro-ungarico ha ora tutte le carte in regola per preparare l’ultimatum alla Serbia. C’è molto lavoro da fare: lo si deve rendere credibile, ma allo stesso tempo è necessario assicurarsi il rifiuto serbo. È una finta, un pretesto.
Negli altri teatri d’Europa la situazione non viene percepita tanto esplosiva. Governatori e regnanti continuano con la solita routine.
Il Re del Belgio è a Berna; brinda con il Presidente della Confederazione svizzera. Si scambiano reciproci auguri di pace e prosperità. Parlano anche del ruolo chiave delle nazioni neutrali per gli equilibri europei.
Pace e neutralità, si, tempo un mese e il Belgio perderà entrambe.
La Francia non è preoccupata, il confine con la Germania e il più fortificato al mondo. Ma alcuni segnali sembrano suggerire una certa impreparazione.
Durante un addestramento i francesi perdono un sottomarino: è stato letteralmente investito da un’altra nave, affondando; almeno due i decessi.
E in Italia? Dopo la morte del Generale Pollio si deve nominare un nuovo Capo di Stato maggiore.
La Stampa di mercoledì 8 luglio ha il suo favorito: il Generale Luigi Cadorna.
Figlio di un alto ufficiale, Cadorna è un “rinascimentale” nato con la divisa. Si è meritato i gradi facendo una discreta gavetta. Ed è importante.
Ha però un grave difetto: è troppo rigido. Non può ignorare l’impostazione datagli dal padre. Ma nei campi di battaglia del ventesimo secolo sarà la flessibilità a vincere. Sempre.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- A Vienna si comincia a lavorare ad una bozza di ultimatum alla Serbia, con l’intento di renderlo inaccettabile.
- Tizsa, premier ungherese, interviene alla Camera sull'uccisione dell'Arciduca.
Parole d'epoca
Conte Tisza
Primo Ministro ungherese
Intervento in Parlamento
Allergnädigster Herr!
Die allerdings sehr erfreulichen Nachrichten aus Berlin, verbunden mit der sehr gerechten Entrüstung über die Vorkommnisse in Serbien haben bei allen anderen Teilnehmern der gestrigen gemeinsamen Ministerkonferenz die Absicht gereift, einen Krieg mit Serbien zu provozieren, um mit diesem Erzfeinde der Monarchie endgültig abzurechnen.
Ich war nicht in der Lage, diesem Plane in vollem Umfange zuzustimmen. Ein derartiger Angriff auf Serbien würde nach jeder menschlichen Voraussicht die Intervention Rußlands und somit den Weltkrieg heraufbeschworen, wobei ich - trotz allen Optimismus in Berlin - die Neutralität Rumäniens für wenigstens sehr fraglich halten müßte. Die dortige öffentliche Meinung würde den Krieg gegen uns leidenschaftlich fordern, und diesem Drucke würde die jetzige rumänische Regierung gar nicht und auch König Carol sehr schwer widerstehen können. Bei diesem Angriffskriege also müßte die russische und rumänische Armee ins feindliche Lager gezählt werden, was die Chancen des Krieges sehr ungünstig für uns gestalten würde.