Siamo in guerra
Non si può restare in silenzio. I Governi della Triplice Intesa denunciano il genocidio armeno e riterranno i Ministri ottomani responsabili dei crimini contro l’umanità perpetrati nella regione. L’iniziativa è partita da Pietrogrado: le armate zariste hanno liberato da pochi giorni la città insorta di Van, spezzando l’assedio turco; le scoperte fatte non devono aver lasciato indifferente l’Alto Comando.
Ma l’attenzione del mondo è rivolta altrove. Domenica 23 maggio 1915 il Regio Governo d’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria, a partire da domani, «confortato dai voti del Parlamento e dalle solenni manifestazioni del Paese».
Ma non siamo ancora in guerra con la Germania, curioso, nonostante la rottura di ogni rapporto diplomatico. Del resto Antonino Paternò Castello, Marchese di San Giuliano ed ex Ministro degli Esteri, aveva lanciato una battuta già nel 1914: «L’ideale per noi sarebbe che fossero battute da una parte l’Austria e dall’altra la Francia».
Ci imbarchiamo in quest’avventura ricolmi di belle speranze. Noi vorremmo essere come la Germania o l’Inghilterra, ma assomigliamo di più all’Austria-Ungheria. Ci illudiamo di essere pronti, di poter giocare ad armi pari con i grandi. L’impressione generale lasciata dal nostro esercito, ancora tutta da dimostrare, è di poter contare su ottimi soldati, guidati però da ufficiali meno buoni. Un’eccezione è il Duca d’Aosta, probabilmente il miglior Comandante nel nostro mazzo. Opinione mia.
A Vienna l’Imperatore Francesco Giuseppe fa sentire la sua voce e sono parole di fuoco: «Il Re d’Italia ci ha dichiarato guerra; un tradimento quale la storia non conosca fu compiuto dal Re d’Italia contro i suoi due alleati. […] Noi non minacciammo l’Italia, non diminuimmo il suo prestigio, non intaccammo né i suoi beni, né il suo interesse. […] Quando l’Italia rivolse i suoi cupidi sguardi sopra i nostri confini ci decidemmo, per mantenere la pace e l’alleanza, a grandi e dolorosi sacrifici, ma l’avidità italiana fu insaziabile».
Il proclama si conclude con il richiamo ai “grandi ricordi” del 1849 e del 1866: «Il perfido nemico del sud non è un avversario nuovo». Infine la classica preghiera alla benedizione divina e l’ostentata fiducia nel popolo austriaco.
In serata l’artiglieria asburgica cannoneggia la frontiera delle Alpi Carniche: siamo in guerra.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- Inizia la mobilitazione generale in Italia.
- L'Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria: essendo interrotte le linee telegrafiche fra l’Italia e l'Austria, Sonnino presenta la dichiarazione di guerra all'Ambasciatore asburgico.
- Il Ministro degli esteri Sonnino, con una nota a tutti i rappresentanti italiani all'estero, espone i motivi che hanno indotto l’Italia a dichiarare la guerra all'Austria-Ungheria. Contemporaneamente notifica tale stato di guerra a tutte le Potenze.
- L'imperatore d'Austria-Ungheria emana un proclama, nel quale, annunciando la dichiarazione di guerra, accusa l'Italia di tradimento, dichiarando di non averla mai toccata nel suo onore o nei suoi interessi.
- A Trieste i cosiddetti “leccapiattini” o austriacanti, protetti e forse istigati dalla polizia, devastano e saccheggiano case e negozi di italiani, i beni del Partito nazionale italiano e gli uffici e la stamperia del giornale Il Piccolo.
- Il PSI pubblica un manifesto contro la guerra.
- Gli Alleati avvertono l’Impero ottomano che riterranno i Ministri turchi direttamente responsabili del massacro armeno.
Fronte occidentale
- Battaglia di Festubert: respinto l’attacco tedesco.
Fronte orientale
- Finisce la battaglia del San.
Fronte italiano
- Gli austro-ungarici bombardano le Alpi Carniche.
Operazioni navali
- Il sottomarino E11 affonda una nave da guerra nel Mar di Marmara.