"Il diritto internazionale è infranto"
Ai giovani turchi, quelli del genocidio armeno, viene un’idea pazzerella: l’università di Istanbul propone a Stoccolma di premiare il Kaiser Guglielmo II con il Nobel per la pace. E niente, la notizia fa ridere già così. L’Accademia credo abbia risposto con “le faremo sapere”, per poi assegnare il premio alla Croce Rossa, un filo più meritevole.
Fosse per me potremmo anche chiuderla qua, ma il 2 febbraio ha qualcos’altro da dire. Gli Alleati minacciano rappresaglie alla guerra sottomarina indiscriminata: tra le proposte c’è quella di fucilare gli ufficiali prigionieri di grado più elevato, compreso il figlio dell’Ammiraglio von Tirpitz; oppure di usarli come “scudi umani”, imbarcandoli sulle navi ospedale che i tedeschi vorrebbero affondare.
Rispondere a un crimine di guerra con un altro crimine di guerra non è la miglior strada verso una parvenza di giustizia. «Il diritto internazionale non esiste più. È infranto in terra e in mare». Ecco, stando a certi propositi neanche l’Intesa sembra impegnarsi molto al riguardo.
Il terrorismo tedesco, perché di terrorismo si tratta, destabilizza tutto il precario sopravvivere internazionale: i Gabinetti neutrali di mezzo mondo si chiudono in riunione, l’ansia cresce in Spagna, in Olanda e nei tre regni scandinavi, Svezia, Norvegia e Danimarca. Chiaro, loro sono nell’occhio del ciclone.
Per analizzare una situazione tanto complessa serve sangue freddo. Di certo aumenteranno i costi del commercio, i noli e le assicurazioni potrebbero schizzare, ma l’Intesa si mostra fiduciosa: i danni della «pirateria tedesca» saranno contenuti ben prima di risultare invalidanti.
I fronti più attivi restano le due estremità di quello orientale: la regione di Riga e la Bucovina. Di fatto immobile quello italiano: «Non le cannonate, né i proiettili. Da tre notti si è sotto altri fischi, più sonori, più lunghi. Giravoltano nell’aria e non si fermano mai. Sono diversi da tutti gli altri, sono strani, ambigui. Sono i fischi pazzi del vento, gli ululati della Bora. In prima linea gli uomini infagottati si rannicchiano nel poco calore corporeo. Stanno col mento sul petto per non disperdere il fiato. Battono i piedi in terra. […] Ci si sente a disagio così fasciati come mummie. Il freddo paralizza tutte le energie, si vive in una specie di abbandono rassegnato, inerte. Porca di una Bora!»
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- Agitazione nei paesi neutrali per la notifica tedesca della guerra sottomarina.
- Appello alla Nazione di Lord Devonport per economizzare il cibo.
- L’università di Istanbul propone il Kaiser come candidato al Nobel per la pace.
Fronte occidentale
- Il porto di Bruges bombardato dagli aviatori della marina inglese.
Fronte orientale
- Respinti numerosi attacchi tedeschi a est della strada principale di Kalnciems (ovest di Riga).
- Dopo quattro giorni di accanito combattimento, i russi distruggono un intero settore del fronte nemico nella regione di Iacobeni (Bucovina), facendo 2.500 prigionieri e impadronendosi di molte armi e munizioni.
Fronte meridionale
- I russo-rumeni si fermano sulla linea Trotuș-Siret; bloccata l’avanzata nemica.
Fronte asiatico ed egiziano
- Avanzata britannica sulla destra del Tigri fino a 40 km. a ovest di Kut al-Amara.
Operazioni navali
- Al largo della costa dell’Anatolia le navi russe affondano 18 vascelli turchi.
Parole d'epoca
L'arroganza di Mussolini
di Emanuele Di Stefano, Sottotenente
D’un tratto una forza misteriosa, superiore alla mia volontà, mi inchiodò al suolo. Ero accompagnato da due soldati e dall'attendente. Qualche attimo dopo udimmo la detonazione terrificante di una grossa granata, esplosa a breve distanza. Ci salvò la vita un traversone. Dovevo essere molto pallido in viso. Un vocio allegro e quindi passi cadenzati ci annunziarono l'arrivo di alcuni soldati. Benito Mussolini e una decina di bersaglieri, noncuranti degli shrappnels e dell'esplosione della granata, commentavano sghignazzando non so quali episodi di guerra. Appena mi fu vicino, Mussolini mi si parò dinnanzi assumendo un atteggiamento arrogante, non tanto per le parole che pronunziò quanto per il torno. “Tenente, la pellaccia è dura. Noi rispondiamo alle granate del nemico cantando”. Gli risposi malamente. Forse Mussolini non percepì le mie parole. Conoscevo da tempo Mussolini, come un fiero interventista e un valente oratore.
Qualche mese prima avevo ascoltato, con ammirazione, un suo discorso ai bersaglieri. Forse questi sentimenti mi distolsero dal segnalarlo al suo comando per una punizione. Sul far della sera facemmo ritorno a Ronchi lungo lo stradale che costeggiava il lago di Doberdò. Ininterrottamente fummo il bersaglio di shrappnells e di proiettili, che ci esplodevano intorno, da ogni parte.
Si ringrazia il Gruppo L'Espresso e l'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano
DAL FRONTE
Sulle pendici settentrionali di Monte Majo (Torrente PosinaAstico) nostre pattuglie assalirono e distrussero un posto avanzato nemico. Prendemmo 11 prigionieri. In Valle Sugana l' artiglieria nemica bombardò con granate a gas asfissianti le nostre posizioni di Monte Leore e di Ospedaletto e la conca di Tresino: nessun danno. Sulla fronte Giulia azioni meno intense d' artiglieria ed attività di nostre pattuglie; una di esse lanciò bombe nelle linee nemiche, provocandovi lo scoppio d' una riservetta di munizioni.
Firmato: CADORNA