Il problema polacco
Il 16 settembre si apre il Convegno italo-francese: l’obbiettivo è di promuovere e rafforzare le relazioni tra i due paesi; si parla soprattutto di economia, finanza e commercio, ma anche di vie di comunicazione ed emigrazione. Presenti politici di spicco da entrambe le parti.
E a proposito di “pezzi da novanta” in Ungheria prende la parola il Conte Andrassy. Analizza il “problema Polonia”, in sostanza quale sarà il destino delle regioni conquistate: «Se dimostriamo di non voler sciogliere il nodo, tutte le speranze polacche verranno riposte in un imperialismo russo più forte e più baldanzoso di prima. Non si può certo parlare della ricostituzione del Regno di Polonia, eventualità che non è neanche nell’interesse nazionale dei polacchi stessi. Uno Stato indipendente, fra tre grandi potenze, diventerebbe un paese sottoposto al loro gioco».
Sorvolando sui presunti interessi nazionali polacchi, a questo punto le soluzioni restano due: annettere la Polonia all’Impero tedesco, o a quello asburgico.
Andrassy, ungherese, opta ovviamente per la seconda ipotesi. Bene, ma ora bisognerebbe convincere Berlino e magari senza urtarne la suscettibilità. Meglio rimandare.
I tedeschi continuano l’operazione su vasta scala nella metà settentrionale del fronte orientale. Per Dvinsk e soprattutto Vilnius la situazione si è fatta disperata: i russi stringono i denti e provano a pungere sulla Vilia, risultati trascurabili. Non va meglio al centro, dove gli austro-tedeschi hanno appena conquistato Pinsk.
Vienna deve però annotare un’altra sconfitta in Galizia: la battaglia di Ternopil' si è conclusa in favore dei russi, le armate asburgiche nella regione ripiegano oltre la Strypa e patiscono circa 5.000 prigionieri.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- A Villa d'Este, presso Cernobbio (lago di Como), si apre un convegno franco-italiano per promuovere più strette relazioni fra i due paesi.
- Proroga della Duma russa fino al 14 Novembre.
- Finisce la disputa della ferrovia Taff Vale nel Galles.
Fronte orientale
- Critica la situazione a Vilnius-Dvinsk (Daugavpils), ma i russi tengono duro e contrattaccano sulla Vilia.
- Pinsk occupata dai tedeschi.
- Galizia: gli austro-tedeschi vengono ricacciati oltre lo Strypa, annunciati 5.000 prigionieri.
- Fine della battaglia di Tarnopol (Ternopil').
Parole d'epoca
E' il giorno che si muore
di Giuseppe Garzoni, Bersagliere
Plezzo (Bovec), Slovenia
A mezzo giorno ci viene l'ordine di star pronti per l'assalto. Allora io dicei: Oggi é il giorno che si muore, caro de Piero che era un mio compagno che cercava pidocchi. Sì, mi disse. E io gli dico: No, No! non si muore. Coraggio! Un momento dopo passo la posta lungo la trincea che si faceva il passamano. Io la presi in mano e ne trovo 6 mie e una portava mille ricomandazioni di non cadere prigioniero della mia piccina che mi avrebbe più contenta morto che prigioniero. Ed invece mi toccò proprio così a cadere sotto i barbari chiamati da lei.
Quindi il mezzogiorno é passato e non si sente più niente. Ma a un tratto si sente: il tascapane con le munizioni dentro; il fucile carico con baionetta anastata!
Io gli dissi al mio compagno ridendo: Ci siamo, coraggio! se muoio io, o l'uno o l'altro di scriverci a casa. Sì, va bene! mi disse. L'indirizzo lo sappiamo. Si, siamo pronti a tutto. Allora viene ordinato l'avanti! Allora io e il mio compagno un salto fuori dei primi siccome i primi non sono così facile colpiti dalle linee di mira nemiche come abbiamo visto nelle avanzate fatte. E' tutta pianura e non si può nascondersi al riparo; un tratto di corsa e poi a terra abbiamo percorso circa 500 metri della linea nostra. Le grida dei feriti strazianti facevano pietà che in pieno così avveniva; i morti sono tanti; tutto il battaglione si mosse; mezz'ora dopo si trovava una squadra qua una là, tutti sparpagliati e a terra. I austriaci pronti a un altro movimento. Io verso le 5 mi trovavo io e un altro compagno a terra sdraiati. Il fieno era alto.
A star fermi non ci vedevano e si parlava tra noi: Qui non si potrebbe soccorrersi in caso di una ferita! No, li dissi io e neanche non si ha di muoversi male; in caso di una ferita strisciare a terra piano se no ci bruciano la pelle. Da quel momento lì lui disse: C'hai del pane? Sì, ma non mi sento di mangiare della sete che c'ho, io gli dissi. E lui mi disse: Mangio un pezzo piano piano. Lo levò del tascapane. Nel muoversi i austriaci lo vederono a muoversi. Ecco che una mitragliatrice è pronta a spararci. Il secondo colpo lo prese in un fianco. Dette un grido sottovoce e barcollò a terra che non gli diette il tempo di mangiarlo. Io li ricomandai di ritirasi a terra che é pericolo che ne prende delle altre. Ecco un altro grido e ne prende un'altra. E poi m'han visto pure me e mi spararono. Subito adagio io mi ficco forte a terra. La prima pallottola mi bucò la scarpa. E io fermo considerando la mia morte che era del momento. Ecco una al fianco destro, l'altra al fianco sinistro, ecco 3 che si impiantano nella terra davanti la testa nemmeno 50 centimetri distante. E poi credendomi morto cessarono di sparare. E io dissi tra me: Se non sono morto adesso non muoio più che qualchiduno mi protegge. Da lì a un poco si fece scuro un pò. Io che in quel momento mi credetti sicuro mi ritiro circa 30 metri in un mucchio di terra per soddisfare un bisogno corporale. Il quale di lì mi arriva un colpo nel braccio destro e mi vedo che il gomito era bucato da una pallottola che mi bucò la giubba senza ferirmi. E anche lì ho considerato che dovevo essere protetto. La sera stessa andiamo sotto i articolati loro. A 30 metri si fece un fosso costruito per difendersi.
Tutta la notte si lavorò. Il fosso era fondo un metro e largo un metro. L'indomani di mattina mi metto a dormire ma non potetti soddisfarmi perché lì era anche un tenente accanto che voleva riposare e quindi troppo fitti non si poteva dormire. Verso le 8 andai in un cespuglio per riposarmi ma anche lì non potetti stare del cannoneggiamento nemico che tutte le granate cadevano vicino. Mi ritiro nella trincea. Pochi minuti dopo in quel cespuglio caddero una ventina di granate di tutte le specie. Anche quella era la mia fortuna che ero ritirato. Sono le 10. Dal comando del generale toccava avanzare. Il primo ordine fu respinto. Il secondo lo stesso. Un terzo lo stesso. Dichiarando che era impossibile avanzare. I articolati sono intatti e quell'ordine viene portato da soldati addetti e tutti morirono delle fucilate. Di nuovo viene un contro ordine: avanzare a qualunque costo questa notte. E questo non poterono respingere. Verso le 2 dopo mezzo giorno avviliti tutti del macello che accadeva su di noi e del cannoneggiamento nemico che tutte le granate caderono vicino la trincea; alle 2 e mezza cadde una granata nella fossa della trincea e scoppiò. Un grido subito si sente. Due morti sei feriti gravemente. Io mi trovavo poco distante, circa 4 metri e per fortuna non ebbi ferita alcuna. I feriti gridavano soccorso ma nessuno gli diede soccorso perché uno di questi era il barbiere della compagnia e non ci faceva la barba solo a chi voleva lui e pretendeva una lira alla volta oltre la paga della compagnia. Quindi oltre questo era il pericolo di prendere delle fucilate e morire. Io e un altro ci siamo rassegnati e siamo andati a soccorrerli. Due ne medicai che avevano spaccate tutte due le gambe in sei posti, la pianta dei due piedi rotta, il braccio destro delle grosse ferite e la mano gli rimase le unghie attaccate, la pelle e le ossa dei diti levato e tutto il palmo il sangue era diventato un lago. Con tutti quei feriti ci toccava metterci in ginocchi e i piedi sopra altri morti che eravamo stretti benché la granata aveva allargato. Le grida strazianti facevano pietà. L'altro ferito che io medicai era eguale ferito dell'altro. Una cosa di meraviglia stetti due ore per ciascheduno.
Alle sette erano vivi ancora. Vado giù al comando siccome era scuro venuto per ordinare le barelle di portarli indietro. Là trovati tutti i feriti da due giorni prima che languivano nei dolori e barelle non trovo niente. Allora come si fa? Intanto andai a lavarmi nell'Isonzo e portarci su un fiasco d'acqua pei feriti che muoiono della sete che quanto uno é ferito soffre la sete. Incontrati il mio maggiore il quale disse dove vado e di che compagnia sono. Io gli risposi che sono venuto a trovare delle barelle perché in trincea sono diversi feriti e di morti alla I^ compagnia e adesso non ho trovato barelle li vado a prendere un fiasco d'acqua. E lui mi dice: Vedi di fare presto perché questa notte é l'avanzata del battaglione. Gli risposi: Signorsi'. E andai a lavarmi che ero come un macellaio. Lavato e preso il fiasco d'acqua andai indietro. Trovai che uno dei feriti che avevo medicato era morto. L'altro trovai altri compagni e andai a prenderlo. Gli dietti da bere ma più non era fiducia di vita. Diceva che moriva momento per momento. Lo tiriamo fuori della trincea per portarlo via in un telo da tenda. Non si potè toccarlo che gridava. I austriaci mandavano i riflettori e poi ci sparavano con l'artiglieria. Noi altri si lo prende su e si lo porta un passo alla volta indietro. Le cannonate fioccavano da vicino e il ferito diceva: Lasciatemi qui che muoio solo e sono sicuro che vi ammazzano anche voi altri che siete sani. Lo porto fino al comando di compagnia e poi lo consegno ad altri che io non mi sentivo di portarlo più avanti al comando di battaglione. Il ferito conteneva due orologi, 300 lire fra i quali mi aveva chiesto che li dia a lui i soldi di quel suo amico che era morto al fianco suo. Lo consegno un orologio e settanta lire. I altri compagni che lo portarono al comando di battaglione, non sapevano dei soldi che conteneva. Durante la strada morì e lo metterono sotto un albero e ritornarono indietro. Io siccome ero fermato al comando della compagnia mangiai un pezzo di carne che puzzava e un po' di pane. Mi presi una pagnocca con me che in quei momenti c'era più pane che acqua nell'Isonzo. Andai in trincea dove ero prima e mi mettei in una fissazione, in un panico così straordinario che in tutta la guerra non ebbi avuto un panico simile.
Fonte: L'Espresso e l'Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano
DAL FRONTE
Nostri reparti da montagna compirono nella giornata del 14 ardite scorrerie contro le posizioni nemiche di Cresta Villacorna (3024 m.) alla testa del torrente Noce e di Conca di Presena nell' alta valle di Genova.
Attraverso a gravi difficoltà di terreno e di ghiacci, superate con la consueta perizia ed audacia, i nostri alpini raggiunsero i trinceramenti nemici e li assalirono, e in parte li distrussero, ritornando poi alle proprie posizioni affatto indisturbati.
Sulla rimanente fronte non si ebbero avvenimenti notevoli degni di speciale ricordo.
L' esame chimico delle bombe ad alto esplosivo che da qualche giorno l' avversario lancia contro i nostri approcci sul Carso, ha rilevato la presenza in esse di forti dosi d' acido prussico.
Un velivolo eseguì ieri una rapida incursione nel vicentino, lanciando da grande altezza una bomba su Asiago e otto su Vicenza; lievissimi danni materiali e qualche ferito leggero.
Firmato: CADORNA
Intervento dell' on. Luigi Luzzatti al congresso Italo-francese
"Bisogna che i paesi oggi alleati siano tali anche dopo la pace. In modo particolare gl'interessi dell'Italia e della Francia, in Europa come nell'Oriente, nell'Asia e nell'Africa, debbono rimanere connessi. I delegati di questa riunione non sono membri responsabili del Governo, ma agenti di trasmissione dei sentimenti e dei bisogni dei due paesi, e possono comunicare ai rispettivi Governi i voti delle popolazioni. Così questo gruppo di uomini agirà sull'opinione pubblica, esplicando un'opera larga di propaganda e assocerà alla propria azione quella di altri uomini di paesi alleati e amici. Italia e Francia rappresentano un blocco latino che dovrà pensare sotto gli aspetti tutti all'avvenire dell'Europa.
La guerra attuale ha la missione di dare l'autonomia alle nazioni, la libertà agli oppressi; ma o colleghi di Francia, prima di lasciarci permettete a un vostro vecchio amico di dare un consiglio, il quale può avere la stessa efficacia nel nostro come nel vostro paese. Anche di recente dei giornali tedeschi espressero la crudele speranza che le nostre gare mediterranee saranno sempre un conato di rinnovati rancori; ma qui dobbiamo prendere il solenne impegno che la Francia e l'Italia, unite all'Inghilterra, devono persistere in queste iniziative mediterranee concordi, destinate a dare nuovi splendori alla civiltà, nuove energie ai traffici.
Il Mediterraneo appartiene egualmente alla Francia, all'Italia ed all'Inghilterra, ognuna curando con la massima indipendenza la sua parte in quel mare fatidico. Oggi noi abbiamo dato una più salda coscienza a questa vivente verità col convegno di Villa d' Este; oltre che per l'intesa economica, il nostro Comitato internazionale vigilerà assiduo per colpire inesorabilmente coloro i quali tentassero di rinnovare i dissidi mediterranei nocivi sempre a tutti".