Un problema tira altro
Washington, il Presidente Wilson presenta al Congresso una relazione sui rapporti con Berlino. Riepiloga le varie proteste per violazione al diritto delle genti e sottolinea il carattere “inumano” della condotta tedesca. «La Germania proseguì le sue politiche nonostante le solenni proteste del nostro Governo. I comandanti dei sottomarini si fecero sempre più crudeli, perdendo ogni ritegno. Qualche volta fu concesso ai passeggeri il misero asilo dei canotti, ma per lo più non fu dato alcun preavviso e nessuna possibilità di salvarsi. La Germania pretende di avere il diritto di ignorare e respingere tutte le convenzioni internazionali. Parecchie volte la Germania diede agli Stati Uniti solenni assicurazioni, tuttavia è evidente che i metodi siano incompatibili coi principi umanitari, coi diritti indiscutibili dei neutri e con l’immunità sacra dei non combattenti. O il Governo imperiale tedesco abbandonerà immediatamente questa condotta di guerra, oppure il Governo degli Stati Uniti non avrà altra via che rompere ogni relazione diplomatica con la Germania». Somiglia tanto a un ultimatum.
Non sono tutte rose e fiori neanche i rapporti nell’Intesa. O almeno quelli tra i media britannici e quelli italiani.
Alcuni giornali inglesi ci rinfacciano il "sacro egoismo", hanno accusato l’Italia di non fare abbastanza, di guardare solo al proprio fronte. “Perché non inviate un contingente di mezzo milione di uomini in Francia, o a Salonicco?”
No, questa cosa non ci va giù. Verrebbe da rispondere subito con: “E dove li troviamo 500.000 soldati già addestrati, pronti a combattere?” Li dovremmo togliere dalle nostre trincee, in pratica invitare gli austro-ungarici grossomodo fino a Catania. Di risposte adeguate ce ne sono tante, ma ce n’è qualcuna più stravagante: “La guerra non si deciderà in Francia, impossibile sconfiggere lì i tedeschi”. L’ex Colonnello Barone, in teoria un addetto ai lavori, è davvero convinto di poter sferrare il colpo di grazia sul fronte italiano, o su quello orientale.
Per fortuna a Londra c’è chi pensa a cose più importanti. Una nota ufficiale recita: «Il Consiglio dei ministri giunse oggi a un’intesa». La crisi di Governo è risolta, la burrasca alle spalle. La proposta concordata per appianare le divergenze verrà esposta alle due Camere a porte chiuse. Il compromesso è semplice: se nelle prossime settimane non si raggiungesse un certo numero di nuove reclute, allora via libera alla coscrizione obbligatoria, senza se e senza ma.
Asquith resta in sella e mantiene le redini, Lloyd George e i laburisti si sono venuti incontro. Ma risolto un problema se ne presenta subito un altro. In Irlanda un’imbarcazione ausiliaria tedesca, camuffata da piroscafo norvegese e scortata da un sottomarino, sta sbarcando uomini e armi per fomentare una rivolta. I rapporti tra l’Irlanda e l’Inghilterra sono stati spesso difficili; non è una novità e non lo sarà in futuro. Vengono sorpresi con le mani nel sacco: l’equipaggio auto-affonda la propria nave e il tutto si conclude con svariati arresti. Tra i fermati c’è anche Sir Roger Casement, traditore ed ex agente consolare britannico.
Da uno sbarco fallito a uno tanto atteso. A Marsiglia la voce corre: sono arrivati i russi. L’eccitazione è massima. Ci sono tutti: le autorità militari e quelle politiche, i giornalisti e il pubblico delle grandi occasioni. È una serata di gala, un evento mondano alle nove di mattina al porto. La banda suona l’inno russo, poi la Marsigliese. Le truppe zariste scendono a terra dopo un giro del mondo di oltre due mesi. L’accoglienza è trionfale. Il Generale Joffre dirama quest’ordine del giorno: «La nostra fedele alleata Russia ha voluto dare alla Francia un nuovo pegno della sua amicizia, un’ulteriore fulgida prova della sua devozione alla causa comune. Soldati russi tra i più valorosi vengono a combattere nelle nostre file. Voi li accoglierete come fratelli».
I media poi impazziscono. Articoli euforici: «Non si può negare l’altissimo valore di questo sbarco avventuroso». I nemici saranno stupiti, delusi, atterriti. Si sogna, o si delira, delle «grandi masse russe pronte e disponibili su tutti i fronti», anzi sul “fronte unico”. D’Accordo l’ebbrezza, ma è evidente: non è una soluzione praticabile. Settanta giorni per inviare rinforzi sono un pelino troppi. L’importanza dell’evento è solo morale e mediatica.
Davide Sartori
GLI AVVENIMENTI
Politica e società
- Il Presidente Wilson legge al Congresso un messaggio, minacciando la rottura dei rapporti diplomatici con Berlino se questa non abbandonasse i suoi metodi di guerra marittima. Stessa dichiarazione fu fatta alla Germania con una nota inviata il giorno 18.
- La Aud, una nave ausiliaria tedesca camuffata da piroscafo norvegese, tenta di sbarcare sulla costa irlandese uomini, armi e munizioni. Scoperta si autoaffonda. Anche alcuni irlandesi vengono arrestati, sbarcati dal sommergibile tedesco di scorta presso Tralee per recarsi a capitanare una rivolta a Dublino. Fra loro c'è Sir Roger Casement, già agente consolare britannico in Africa.
- Regno Unito: definita una nuova regolamentazione dei volontari; la proposta sugli arruolamenti è sottoposta a una sessione segreta di entrambe le Camere.
Fronte occidentale
- Battaglia di Verdun: i francesi riguadagnano terreno vicino a le Mort Homme e a sud di Douaumont.
- Sbarca a Marsiglia un corpo di truppe russe diretto sul fronte francese.
Fronte asiatico ed egiziano
- I russi prendono le posizioni turche nella regione di Bitlis (Caucaso).
Parole d'epoca
Il 13esimo Fanteria
Giuseppe Abate
Memorabile sarà sempre, segnatamente per noi superstiti, la Pasqua del 1916!... Fu una Pasqua eccezionalmente rossa di sangue!... Il nemico in quei giorni santi, con cartelli lanciati dalle trincee, aveva fatto esortazioni di una Pasqua di pace!... Era ciò un tranello!... Cautamente preparavano gli austriaci una vasta offensiva, che avrebbe dovuto ricacciarci dal primo gradino carsico, al quale con tanto eroismo ci eravamo aggrappati ... Bisognava dunque prevenirli.... E così fu fatto. La Brigata Acqui, sorella della Pinerolo e come questa invitta, al comando del valorosissimo Generale Paolini, attaccò ripetutamente il nemico, riuscendo a strappargli un formidabile trinceramento, che aveva funzione, insieme ad altre opere vicine, di proteggere il Monte Cosich ed il Monte Debeli, forti torrioni meridionali del bastione carsico.
Questo trincerone, strappato al nemico nel pomeriggio dei Sabato Santo, non era lungo più di 300 metri; ma era di grande valore tattico per noi, non solo perché essendo in nostro possesso era una grave minaccia per le trincee nemiche, ma ancora perché cessava di essere una minaccia per l'intricata nostra difesa detta il «nodo».
Nella notte di quella sanguinosa vigilia, durante un temporale violentissimo, l'avversario venne ripetutamente al contrattacco, preceduto da un tiro di artiglieria così violento, e con effettivi più numerosi, che i nostri furono costretti a lasciare in mano al nemico un tratto della trincea verso Quota 65.
DAL FRONTE
Nella zona tra Adige e Brenta l' attività da entrambe le parti si limitò ieri ad azioni delle artiglierie. La nostra con tiri efficaci continuò la demolizione dei forti austriaci di Luserna e di Belvedere. Sul Col di Lana il bottino finora raccolto comprende un cannone, quattro mitragliatrici, alcune centinaia di fucili e grande quantità di munizioni e di viveri. Sull' Isonzo pioggia e nebbia ostacolarono l' attività delle truppe; tuttavia le nostre artiglierie riuscirono a provocare incendi nell' abitato di San Martino del Carso e lo scoppio di un deposito di munizioni a sud-ovest di detta località. Un velivolo nemico lanciò tre bombe su Bassano: nessuna vittima e nessun danno.
Firmato: CADORNA